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lunedì 20 febbraio 2023

INTELLIGENZA ARTIFICIALE: VANTAGGI, OSTACOLI E FALSI MITI

TECNOLOGIA


di Maria Lanzetta

L’Intelligenza Artificiale permea la nostra quotidianità molto oltre la nostra consapevolezza e sarà destinata a diventare sempre più pervasiva nell’esistenza di ognuno di noi. È opportuno, quindi, conoscerne tutte le potenzialità e anche i limiti per poter trarne il massimo vantaggio e sfruttarla in modo virtuoso, sia nella nostra vita privata sia in quella professionale

Immaginare oggi la nostra vita senza il supporto di tutte quelle applicazioni basate sull’Intelligenza Artificiale (AI – Artificial Intelligence) sarebbe come ritornare in un passato molto lontano (che poi così remoto non è) e, verosimilmente, la maggior parte di noi non sarebbe disposta a rinunciare a tutti quegli strumenti che ci assistono in molte azioni quotidiane, basati sull’AI. Pensiamo, per esempio al classico assistente vocale al quale sempre più frequentemente ricorriamo, da Siri, Cortana, Alexa, etc.; oppure ai nostri acquisti su Amazon e sulle diverse piattaforme di e-commerce, che sono in grado di proporci prodotti e articoli sulla base dei nostri comportamenti e delle nostre caratteristiche. Alla stessa stregua, piattaforme quali Netflix o Spotify, ci suggeriscono film o brani musicali in linea con i nostri gusti; medesimo discorso vale per i Social che, in base al nostro profilo o ai post che pubblichiamo e condividiamo, ci propongo contenuti similari o la connessione con persone con le quali potremmo avere delle cose in comune. Insomma, sembrerebbe che tutta la nostra vita oggi sia scandita dall’utilizzo di sistemi, applicazioni e tecnologie basate su AI, con indubbi vantaggi in termini di efficienza. Nonostante questo, però, attualmente l’intelligenza artificiale è percepita ancora come qualcosa di futuristico e ci sono degli ambiti nei quali la sua applicazione presenta ampi margini di miglioramento e di ottimizzazione, in particolare in diversi contesti aziendali.

I vantaggi per le aziende
Per quanto possano sembrare evidenti i numerosi benefici che l'AI è in grado di portare alle aziende, la sua adozione dipende molto dalle caratteristiche della stessa organizzazione, dai suoi obiettivi e, soprattutto, dalla lungimiranza di chi la guida. In effetti, far funzionare l'intelligenza artificiale all’interno di un’impresa richiede tempo, finanziamenti, ma soprattutto una visione sul medio e lungo termine da parte del management con un totale coinvolgimento di tutti gli stakeholder, dal momento che l’AI comporta una vera e propria rivoluzione nelle modalità con cui ogni area di un’impresa opera. Quindi, solo sé sì a disposti a un radicale cambio di paradigma e di mind set, un’azienda può davvero beneficiare degli enormi vantaggi derivanti dall’intelligenza artificiale. Vediamone alcuni: 
L'intelligenza artificiale esegue più velocemente e più facilmente le attività di routine, sollevando le persone da operazioni di tipo ripetitivo, tediose e noiose, decisamente time consuming, automatizzandole a ciclo continuo.
  • Dispostivi, applicazioni e macchinari, basati su intelligenza artificiale, funzionano senza soluzione di continuità e limiti di tempo. Infatti, mentre l’essere umano, in genere, è operativo per 8-12 ore massimo al giorno, i sistemi AI based possono funzionare per una durata di tempo indefinita, senza cali di produttività – fisiologici per le persone -, ovviamente se si dispone di risorse energetiche adeguate e infrastrutture idonee.
  • L'intelligenza artificiale genera meno errori, diventa quindi uno strumento di grande efficienza in quei settori in cui l'accuratezza e la precisione sono assolutamente prioritari. Pensiamo, ad esempio, all’ambito produttivo, in cui una produzione sbagliata – il tipico caso dell’errore umano - determina danni significativi in termini economici e organizzativi per l’azienda.
  • L'accessibilità: l’intelligenza artificiale può essere ed è alla portata di tutti. In un contesto aziendale è fruibile nei diversi compartimenti e a tutti i livelli: dalla gestione del centralino, all’assistenza clienti, al recruitment, alla produzione e così via. Di per sé, quindi, non richiede competenze particolari se non quelle legate al proprio ruolo e alla propria funzione, che trovano nell’AI un valido supporto nell’esecuzione. 
  • L'intelligenza artificiale è alleata della sostenibilità perché, digitalizzando molti dei processi aziendali e rendendoli più efficienti, consente di contenerne l’impatto sull’ambiente a tutti i livelli, soprattutto se pensiamo alla produzione e alla supply chain.

Questi che abbiamo elencato sono solo alcuni degli aspetti positivi – probabilmente i più macroscopici - generati dall’utilizzo dell’AI, tuttavia la strada da percorrere è ancora lunga, sia per via di fattori che in qualche modo ne limitano un’adozione più massiva, sia a causa di resistenze e pregiudizi da parte dell’uomo che, talora, si sente quasi minacciato e prevaricato dall’intelligenza artificiale stessa.

Ostacoli e falsi miti
È fuori dubbio che l’adozione di tecnologie basate su AI comporti ancora dei costi elevati, derivanti fondamentalmente dalle competenze tecniche da acquisire, dalle infrastrutture informatiche (software e hardware) e dalla qualità del dato, la quale tanto più sarà elevata, quanto più la metodologia di raccolta sarà accurata. Tale accuratezza, infatti, dipende molto dalle infrastrutture informatiche a disposizione, che rappresentano la condizione necessaria per lo sviluppo e l’utilizzo di algoritmi di apprendimento automatico affidabili.

In effetti, sebbene tali costi stiano diminuendo e tenderanno progressivamente a scendere, attualmente si stima che per un’implementazione di base di intelligenza artificiale, sono necessari almeno 200.000 euro che, per un’azienda media italiana, rappresenta comunque un investimento importante. Se poi ci spostiamo nell’ambito delle grandi imprese, dove la quantità di dati da elaborare e analizzare è maggiore, i costi lievitano rapidamente.

Una certa resistenza nei confronti dell’intelligenza artificiale deriva dalla convinzione che essa determinerà una riduzione dei posti di lavoro. Una leggenda metropolitana, con il rischio di prendere un grosso abbaglio, perché se è vero che l’AI si sostituisce all’essere umano in quelle mansioni ripetitive e meccaniche, è altrettanto vero che essa permette nuove e più interessanti modalità di lavoro che necessitano dell’intelligenza e della creatività umana. In realtà, quello che è emerso da una ricerca condotta da OCSE, già  nel gennaio del 2021, è che l’intelligenza artificiale offre l’opportunità di integrare e aumentare, piuttosto che sostituire, le capacità dell’uomo. Anzi, sembrerebbe che fino ad oggi, l’introduzione dell’AI nelle aziende abbia creato più posti di lavoro di quelli che ha fatto perdere, dando vita a nuove professionalità e spazio a nuove competenze che consentono una tipologia di attività più stimolante.

Indubbiamente esistono degli aspetti di carattere etico, su cui è opportuno fare qualche riflessione, che riguardano il meccanismo decisionale dell’intelligenza artificiale. L’AI, infatti, si fonda su modelli basati esclusivamente su dati e su una serie di correlazione tra essi, ma è proprio su questo punto che l’AI incontra il suo principale limite. Infatti, come sostiene Stefano Quintarelli, esperto di tecnologie informatiche e digitali, i dati descrivono il mondo per com’è e non per come vorremmo che fosse: essi, infatti, ci forniscono un modello di riferimento che viene poi applicato in un ambito specifico. In pratica, la decisione, generata da meccanismi di intelligenza artificiale, si fonda sulla migliore soluzione analitica possibile che, però, non sempre è quella giusta e/o eticamente corretta.  Dunque, prendere decisioni, basate esclusivamente su tali modelli, in alcuni casi diventerebbe fortemente pregiudizievole. In effetti, se applichiamo questo concetto in ambito aziendale, si potrebbe rischiare, per esempio, di definire e assegnare ruoli, mansioni e retribuzioni in modo estremamente discriminante.

Appare evidente, quindi che l’impiego dell’intelligenza artificiale non può prescindere dal contesto e deve comunque essere guidata dall’uomo e dalla sua capacità di discernimento. Si tratta, dunque, di mettere in atto una strategia di applicazione e implementazione dell’AI strutturata e ponderata, integrando infrastrutture tecnologiche, competenze e buon senso. A quel punto sì che l’intelligenza artificiale può davvero diventare un potentissimo strumento, in grado di garantire a un’azienda un elevato livello di efficienza dei propri processi e di qualità del lavoro dei suoi collaboratori, massimizzando gli investimenti e crescendo in termini di fatturato e competitività.
L’intelligenza artificiale, nel tempo, sarà (in alcuni casi lo è già ora) l’elemento differenziatore per le situazioni di successo. Non resta che incominciare a interessarsene.

L'articolo è stato già pubblicato su NewsImpresa: seguire il link

FONTI:
Forbes 9 gennaio 2023
Agendadigitale.eu
The AI business case guide – SAS
Intelligenza artificiale. Cos'è davvero, come funziona, che effetti avrà (ed Bollati Boringhieri) - Stefano Quintarelli

martedì 3 maggio 2022

VIAGGIO VERSO UL FUTURO CON IL 6G

TECNOLOGIA

di Maria Lanzetta

Mentre la rete 5G è ancora in fase di implementazione e, a tutt’oggi, non è fruibile a livello globale, si sta già parlando del 6G, la tecnologia mobile di sesta generazione che dovrebbe rappresentare un consolidamento e un’evoluzione di quella precedente, ma soprattutto una rivoluzione epocale nelle telecomunicazioni

La tecnologia 6G è quasi pronta, nonostante il 5G, per quanto in fase avanzata, non sia ancora disponibile in tutti i Paesi. Ma questo non impedisce di guardare avanti e di porsi l’obiettivo del 2030, come data in cui la rete 6G stravolgerà – si auspica solo in bene – il nostro modo di lavorare, di interagire, insomma di vivere. I più grandi operatori nel settore delle telecomunicazioni, quali Apple, Samsung, LG Elettronics, Ericson, hanno già messo a lavoro i loro reparti di R&D in questa direzione e, addirittura, si parla della realizzazione di prime sperimentazioni andate a buon fine. In effetti, stando a quanto riportato da alcuni studi,  recentemente sono stati eseguiti con successo dei test per la trasmissione e la ricezione di dati wireless 6G terahertz su 100 metri in ambiente esterno: questo significherebbe che sono già state programmate alcune linee per un primo sviluppo nel 2028, per passare alla commercializzazione definitiva  del 6G nel 2030.

Dal 5G al 6G
Tuttavia, per comprendere bene quali saranno gli aspetti rivoluzionari del 6G, bisogna prima aver ben chiare le caratteristiche principali del 5G che già sta segnando una svolta importante nell’ambito della mobilità di rete, quali  larghezza di banda, bassissima latenza con relativi tempi di risposta più veloci, maggior numero di dispositivi connessi a una sola antenna e gestione più efficiente del traffico generato da una crescente quantità di dati, in definitiva, una migliore reattività e stabilità della rete.
Il 6G, in realtà, non  sarà semplicemente una fisiologica evoluzione delle prestazioni assicurate dal 5G, garantendone un robusto consolidamento, ma dovrebbe abilitare lo sviluppo di applicazioni sempre più sofisticate, attraverso le quali i molteplici device, diventati di uso comune, saranno in grado di comunicare tra loro e interagire con noi istantaneamente, in mobilità e in qualsiasi contesto, dalle attività lavorative, allo svolgimento di funzioni quotidiane, alla sfera sanitaria o burocratica/amministrativa. Il 6G utilizzerà onde ad alta frequenza (THF), note anche come onde sub-millimetriche, per raggiungere velocità 100 volte superiori al 5G che, in confronto, utilizza onde millimetriche (mmWave). Si prevede, infatti, che con il 6G, il nuovo standard di velocità nella trasmissione dati dovrebbe raggiungere 1 Tbps, mentre i tempi di latenza, ovvero il lasso di tempo tra il momento in cui un segnale viene inviato e il momento in cui è disponibile l’effetto che tale invio genera nel sistema, si ridurrebbero a 0,1 millisecondi (4ms nel 5G), con una migliore efficienza energetica e precisione nella localizzazione di oggetti e persone in movimento sul territorio, attraverso una connettività in tempo reale.
Si suppone che nel prossimo decennio, il 6G segnerà una nuova era in cui innumerevoli cose, esseri umani, veicoli, robot e droni, interconnessi fra loro, produrranno in modo continuo zettabyte di informazioni digitali, le quali rappresenteranno l’essenza del nostro vivere quotidiano. Il futuro standard di rete, dunque, si spingerà ben oltre i vantaggi previsti dal 5G che, allo stato attuale delle cose, non sono ancora del tutto fruibili, e aprirà la strada a nuove applicazioni, potenziando quelle configurate dalla quinta generazione.

Il mondo reale e quello virtuale interconnessi e complementari
Quanto detto finora porta a supporre che gli anni 2030 potrebbero segnare l’inizio dell’era robotica a 360 gradi, un’epoca in cui la nostra esistenza sarà scandita da un utilizzo di sistemi robotizzati in qualsiasi ambito: una realtà in cui si fondono, senza soluzione di continuità, mondo fisico e mondo digitale, e dove l’interazione tra uomo, computer e ambiente sarà del tutto naturale e istantaneo.
Attenzione, non si tratta di un universo fantascientifico, nel quale l’uomo perde la sua centralità, ma di tecnologie, gestite e controllate dall’essere umano, che possono contribuire concretamente a migliorare la qualità della nostra vita. Per esempio, pensiamo  a un intervento chirurgico che si svolge da remoto: in questo caso è fondamentale che gli impulsi inviati dal chirurgo siano eseguiti istantaneamente sul campo operatorio, un ritardo di pochi millisecondi, infatti, potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte del paziente. Ancora, se consideriamo un’auto a guida autonoma, è fin troppo evidente di come la velocità di connessione abbia un ruolo nevralgico nel acquisizione della posizione, nel rilevamento delle altre auto in circolazione, nell’intercettazione di un ostacolo o di un semaforo, etc., questo per poter garantire innanzitutto una guida in totale sicurezza, ma anche per far sì che la circolazione si svolga in modo regolare, senza creare intralci. L’impercettibilità della latenza, auspicata nel 6G, avrà inoltre macroscopici vantaggi nel campo industriale, dove sistemi robotici e macchinari controllati a distanza,  grazie a una costante interazione uomo-macchina, consentiranno di ottimizzare i tempi di produzione, di intervenire tempestivamente da remoto su eventuali problematiche e di operare con un minore margine di errore, migliorando l’efficienza e determinando un risparmio energetico a beneficio della nostra salute.
Questa nuova realtà sarà il risultato degli enormi passi avanti fatti nell’ambito di tecnologie legate all’intelligenza artificiale, alla visione artificiale, a una sempre più sofistica elaborazione grafica, a tecnologie di visualizzazione e immersivisità, che oltre alla realtà virtuale e aumentata,  comprenderanno sistemi olografici, multisensoriali e di comunicazione tattile. Saranno, dunque, sviluppate applicazioni in grado di fornire un’esperienza virtuale e immersiva attraverso la presenza olografica remota,  e questo non solo per l’intrattenimento e le teleconferenze, ma anche per la telechirurgia, la didattica, la formazione sul campo, interventi di assistenza in loco e molto altro. 

Nuovi paradigmi con il 6G per le aziende
La sesta generazione di reti wireless determinerà, evidentemente, nuovi modelli di business che potranno offrire sempre più servizi “net-centrici”, basati, dunque, su piattaforme di Intelligenza Artificiale, Machine Learning, Big Data e Blockchain. Questo porterà progressivamente nella direzione della servitizzazione, che sfrutterà la massima efficienza della rete per disporre di applicazioni in grado di coprire e supportare tutti i processi aziendali, dalla gestione delle risorse umane, alle relazioni con i clienti, all’organizzazione di un’impresa, nonché allo sviluppo dei prodotti, alla produzione, alla gestione dei magazzini e della supply-chain e a tutti i servizi di after-sales, in modo efficiente e ottimizzato. Gli ologrammi e la telepresenza permetteranno di intervenire tempestivamente su criticità, di realizzare trasferte virtuali e partecipare a meeting di lavoro senza le implicazioni legate a un viaggio; il tutto con grandi vantaggi in termini economici e di sostenibilità. E riguardo a quest’ultimo aspetto va evidenziato, infatti, che la tecnologia 6G è concepita in un ottica di consumo energetico contenuto, di basso impatto ambientale e di decarbonizzazione,  attraverso una produzione ottimizzata di energia (da fonti rinnovabili), una riduzione di manufatti, quindi di materia destinata allo smaltimento, e a una diminuzione di emissioni CO2 derivanti dal funzionamento di impianti, dagli spostamenti, da trasporto e movimentazione in generale. Si prevede che il consumo di energia sarà ridotto di mille volte rispetto ad oggi.

Il futuro è dietro l’angolo
Praticamente, secondo una visione futuristica e futuribile in tempi più o meno brevi, il 6G potrebbe diventare una tecnologia talmente pervasiva, da modificare completamente le nostre abitudini  in un contesto dove mondo reale e mondo digitale si fondono in un unico ecosistema integrato.  Qualsiasi elemento della nostra vita sarà connesso e interagirà con un sistema digitale, ogni oggetto della nostra quotidianità disporrà di una corrispondente identità nel mondo virtuale, si interconnetterà con altri smart objects con cui raccogliere, scambiare ed elaborare informazioni. Si verificherà una vera e propria democratizzazione del digitale, un’iperconnettività alla portata di tutti che determinerà una cyber-convergenza del mondo fisico, digitale e personale in una Realtà Estesa. (Extended Reality – XR).
Se oggi stiamo vivendo l’Internet of Things, la sesta generazione di tecnologia mobile ci porterà all’Internet of Senses, termine coniato dalla Ericson già da un paio di anni,  in base a cui si suppone che, attraverso questa connettività estremamente sofisticata e superveloce, si potrà  far interagire  tutti i nostri cinque sensi con i diversi dispositivi tecnologici, quindi non solo udito, vista e  tatto (esperienza possibile attraverso le varie forme di immersività) ma anche gusto e olfatto, grazie a una digitalizzazione capace addirittura di emulare odori e sapori, passando attraverso l’elaborazione dei nostri dati più personali, legati dunque alla nostra fisicità e alle nostre percezioni.
Stiamo parlando di un totale stravolgimento dell’esistenza umana calata in una realtà completamente immersiva e multisensoriale, che coinvolgerà ambienti terrestri, aerei, marittimi e addirittura spaziali. Tutto questo, secondo le previsioni, entro il 2030, cioè soltanto fra otto anni; pertanto, ispirandoci a una citazione dell’economista Peter Drucker, ovvero “il modo migliore per predire il futuro è crearlo”, possiamo affermare che la nuova era 6G è, di fatto, già in costruzione.

Articolo pubblicato su MindUp Magazine aprile 2022


martedì 12 aprile 2022

LE NUOVE FRONTIERE DEL CLOUD

TECNOLOGIA


di Maria Lanzetta

Ormai è già da qualche anno che si sente parlare di  Cloud Computing, un nuovo paradigma di erogazione di servizi offerti su richiesta da un fornitore a un cliente finale attraverso la rete, quali archiviazione, elaborazione o trasmissione dati e non solo,  a partire da un insieme di risorse preesistenti, configurabili e disponibili in remoto sotto forma di architettura distribuita. Si tratta, di fatto, di una tecnologia informatica attraverso la quale è possibile sfruttare internet per distribuire software e hardware da remoto, secondo una logica sempre più diffusa di “servitizzazione”

Il Cloud Computing rappresenta un grande cambiamento, sia per le aziende sia per i privati, nell’utilizzo delle risorse informatiche rispetto a un approccio tradizionale, che secondo una logica on premise, implica l’installazione, la gestione e il mantenimento dell’infrastruttura IT in sede,  in prima persona o, eventualmente, con l’aiuto di terze parti. Il Cloud, invece, consente di accedere a piattaforme informatiche, ospitate esternamente e qualcun altro ne è responsabile del monitoraggio e della manutenzione.

Tradotto in parole semplici, si tratta, di fatto, di una tecnologia informatica attraverso la quale è possibile sfruttare Internet per distribuire software e hardware da remoto, la cui implementazione consiste in un insieme eterogeneo e distribuito – Cloud, "nuvola" – di risorse le cui caratteristiche non sono note all'utilizzatore.

I servizi in Cloud possono includere, quindi, software, archiviazione dati, database, server, reti, computer, tutti accessibili su richiesta tramite il web, senza che l’azienda debba farsi carico degli oneri di acquisto di licenze o di macchine per usufruire di servizi indispensabili al proprio business.

In che consiste la tecnologia Cloud nel concreto

Il Cloud Computing mette a disposizione una serie di risorse IT, il cui utilizzo può generare diversi vantaggi in azienda, o anche nell’uso privato. Esso prevede fondamentalmente tre attori: un fornitore di servizi, quali server virtuali, archiviazione e applicazioni complete, generalmente secondo un modello “pay per use” (PPU);  il cliente amministratore che sceglie e configura i servizi proposti dal fornitore offrendo, a sua volta, soluzioni a valore aggiunto come, per esempio, applicazioni software; il cliente finale, ovvero l’utilizzatore dei  servizi configurati ad hoc dal cliente amministratore. In alcuni casi, però, il cliente amministratore e quello finale possono coincidere,  per esempio, un cliente può utilizzare un servizio di archiviazione per effettuare una copia dei propri dati: in questo caso il cliente finale provvede lui stesso a configurarsi il servizio e a utilizzarlo.

Esistono svariate tipologie e categorie di servizi “in Cloud”, che solitamente vengono identificati con diversi acronimi:

SAAS (software as a service) - consiste nell'utilizzo di programmi installati su un server remoto, cioè fuori del computer fisico o dalla LAN locale, spesso attraverso un server web. Questa tipologia di servizi si può considerare un’evoluzione dell’ASP (application service provider) che prese piede negli anni ’90 e che rappresentava la prima forma di outsourcing delle applicazioni software a terzi. Oggi la maggior parte dei grandi produttori di software, in qualsiasi campo, offrono soluzioni SaaS in alternativa ai tradizionali software on premise,  con una progressiva tendenza ad abbandonare lo sviluppo di questi ultimi.

PAAS (platform as a service) – con questa modalità di servizi, il provider mette a disposizione dell’utente una serie di strumenti per sviluppare un’applicazione custom, o potenziarne una esistente; praticamente invece che uno o più programmi singoli, viene eseguita in remoto una piattaforma software completa che comprende linguaggi di programmazione, librerie, servizi e strumenti dedicati, interamente sviluppati dal provider. Gli elementi che costituiscono la PaaS permettono di programmare, sottoporre a test, implementare e gestire le applicazioni aziendali senza i costi e la complessità associati all’acquisto, alla configurazione, all’ottimizzazione e alla gestione dell’hardware e del software di base, necessari alle attività di sviluppo. Un esempio di PaaS, sono  Amazon Web Services, Microsoft Azure, Oracle PaaS e molti altri.

DAAS (data as a service) - con questo servizio vengono messi a disposizione via web soltanto i dati, ai quali gli utenti possono accedere attraverso qualsiasi applicazione, come se fossero residenti su un disco locale. In pratica il DAAS non è basato sul concetto di server ma di storage (conservazione dati). Dropbox e Google Drive sono un esempio di DaaS.

HAAS (hardware as a service) – un tipo di servizio che rappresenta una nuova modalità di affitto di server e sistemi. In pratica, le aziende si affidano a una piattaforma esterna per la gestione delle componenti fisiche, allo stesso modo con cui si fa con il software. Esso può risultare utile per incrementare la capacità elaborativa della propria infrastruttura IT a fronte di picchi di richieste. Non solo, L’HaaS consente  alle aziende di poter usufruire di tecnologie sempre all’avanguardia, senza più bisogno di dotarsi di un team dedicato alla manutenzione dei sistemi informativi. Inoltre, per quanto riguarda gli utenti privati che acquistano tablet, smartphone, notebook e laptop, l’HaaS permette di avere l’ultima versione di qualsiasi device ogni anno.

IAAS (infrastructure as a service) – rappresenta una modalità di servizio con cui vengono messe a disposizione anche risorse hardware virtualizzate, quali server, capacità di rete, sistemi di memoria e archivio, affinché l’utilizzatore possa creare e gestire, secondo le proprie esigenze, una sua infrastruttura su Cloud, senza preoccuparsi di dove siano allocate le risorse e pagando solo per quelle usate. Ogni risorsa viene offerta come componente di servizio distinto ed è possibile noleggiarne una specifica solo quando si presenta l’esigenza.

Perché passare al Cloud?

Oggi pensare di poter fare a meno del Cloud Computing è del tutto anacronistico, si tratta infatti di una tecnologia indispensabile sia per le aziende, sia per i privati. Nel mondo manifatturiero sono davvero poche, ormai, le realtà che non hanno ancora adottato soluzioni in Cloud, e chi non lo ha ancora fatto, si è reso conto che migrare il proprio sistema IT su infrastrutture più moderne e funzionali è imprescindibile. Indubbiamente, la pandemia e la necessità di gestire quanto più possibile da remoto ha accelerato questo processo di trasformazione.

Ma, al di là delle contingenze, perché un’azienda dovrebbe utilizzare servizi in Cloud? Qual è il valore aggiunto che ne possono trarre le realtà di grandi e piccole dimensioni?

Uno dei grandi vantaggi del Cloud è il risparmio dal punto di vista economico: tale tecnologia consente, infatti,  di utilizzare capacità elaborativa, networking e soluzioni di sicurezza senza spese di infrastruttura e grandi investimenti iniziali;  si evita l’acquisto di hardware e di elementi come storage, switch, hypervisor, software di backup, che vengono messi a disposizione dal Cloud provider. Non solo, oltre ai costi, si ottimizzano anche le risorse utilizzate, massimizzando la produttività e l’efficienza del sistema IT. Il Cloud, infatti, permette di raggiungere il miglior rapporto tra prestazioni e investimenti, anche in relazione  delle esigenze aziendali che possono modificare nel tempo; la sua adozione ha, inoltre, un impatto positivo in termini economici, grazie al modello “pay per use”: questo modalità di fatturazione prevede il pagamento del servizio a consumo, addebitando al cliente solo le risorse effettivamente utilizzate.

Un altro importante beneficio del Cloud sta nel fatto che consente di sviluppare nuove soluzioni applicative, sfruttando la forte automazione disponibile attraverso la modalità as-a-service: infatti l’adozione di API e di servizi “chiavi in mano” permette di ridurre drasticamente i costi e di ottenere soluzioni con performance e scalabilità altrimenti impossibili. Quest’ultima rappresenta un ulteriore aspetto positivo del Cloud, perché in base alla crescita dell’ azienda e all’insorgere di nuove esigenze, si può aumentare in modo progressivo e scalabile l’implementazione di servizi aggiuntivi. Ciò consente di fare investimenti mirati e proporzionali alle dimensioni dell’azienda, rendendo possibile un’ottimizzazione delle performance e, in caso di picchi di capacità elaborativa o rapido incremento/decremento di risorse, non si rischia di incorrere in dannose interruzioni del servizio. 

Veniamo poi a uno degli aspetti più critici delle tecnologie in Cloud, ovvero quello della cyber security che, di fatto, è quello che genera la maggiore diffidenza negli affezionati del “on premise”.  E’ opinione diffusa, infatti, che portare tutta le infrastrutture IT e lo storage dei dati su Cloud, renda l’azienda più vulnerabile. In realtà, quello che non è chiaro a tutti è che le infrastrutture Cloud sono pensate per garantire al cliente la totale sicurezza, attraverso l’uso di metodologie e procedure tecnologiche di alto livello atte a proteggere l’ambiente e i dati aziendali. Tra le varie misure di protezione utilizzate, ci sono sicurezza del Data Center, Backup e Disaster Recovery, accesso all’infrastruttura e al dato, Log & Identity Management, gestione e prevenzione delle minacce. 

A tutto ciò si aggiunge un aspetto organizzativo e di cambio della cultura aziendale, in relazione al quale l’utilizzo della tecnologia Cloud consente di ripensare totalmente la struttura e le dinamiche di un’organizzazione. Infatti, l’esternalizzazione e l’outsourcing di tutte quelle funzioni e di quei task ad alto investimento di tempo ed energia, lasciano l’impresa maggiormente libera di focalizzarsi sulle potenzialità e le competenze delle persone e di concentrarsi meglio sullo sviluppo del business, senza doversi preoccupare degli aspetti infrastrutturali, e di adottare una metodologia di lavoro più flessibile e produttiva.

Infine, arriviamo  al tema  della  sostenibilità – oggi di estrema  attualità – a sostegno della quale le tecnologie Cloud svolgono un ruolo fondamentale.

Utilizzare, infatti, un datacenter  in ogni singola sede implica una costante alimentazione per i server, l’installazione di sistemi di raffreddamento per evitare il surriscaldamento e comporta, inoltre, le varie attività di smaltimento dei dispositivi elettronici giunti a fine vita. Adottare una tecnologia Cloud non solo sposta verso un provider la gestione di tutto ciò, ma consente di trarre vantaggio in termini di economia di scala e permette di focalizzarsi sullo sviluppo di datacenter più performanti e a minor consumo energetico. In effetti, i vecchi data center on premise determinano un impiego eccessivo di gas serra nel loro intero ciclo di vita, a partire dalla fase di produzione e relativo utilizzo di materie prime, passando per assemblaggio, trasporto, utilizzo e smaltimento. Di contro, i Cloud Data Center di recente concezione utilizzano tecnologie avanzate, più efficienti dal punto di vista energetico, e hanno una più bassa richiesta di energia per illuminazione, raffreddamento e condizionamento.  Alcuni studi a riguardo evidenziano che l’adozione di un modello cloud consente alle grandi imprese un risparmio fino al 30% del proprio carbon footprint, percentuale che arriva addirittura al 90% per le aziende di più piccole dimensioni.

La dematerializzazione dei diversi device e, quindi, la sostituzione di prodotti o servizi fisici, con i loro equivalenti virtuali, fornisce un contributo estremamente tangibile alla sostenibilità: migrare al cloud significa utilizzare meno macchine e hardware, meno carta, meno materiale fisico riducendo, evidentemente, il consumo energetico e l’impatto sull’ambiente. Inoltre, molti data center stanno iniziando ad adottare fonti di energia rinnovabili, dal solare al geotermico, all’idroelettrico e all’eolico, per alimentare il loro funzionamento.

Alla luce di quanto riportato, è evidente come l’adozione di tecnologie Cloud possa essere ritenuta, a tutti gli effetti, un trend in linea con quanto previsto dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, dal momento che, da un lato, consente di innovare, tramite la trasformazione digitale, anche settori considerati tradizionali, quali la produzione industriale, aumentandone l’efficienza e riducendone gli sprechi; dall’altro,  permette l’accentramento di infrastrutture ICT riducendone l’impatto sulle emissioni globali di CO2. Il tutto a vantaggio di un percorso sempre più orientato alla decarbonizzazione e quindi alla sostenibilità ambientale.

Analogo articolo pubblicato su MindUp Magazine Aprile 2022

mercoledì 1 settembre 2021

LE NUOVE SFIDE NEL SETTORE DELLA MOBILITÀ: DALL’ERA MECCANICA A QUELLA ELETTRICA

TECNOLOGIA


di Maria Lanzetta

Ormai sono numerosi gli studi che confermano un dato allarmante evidenziato dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS): l’inquinamento atmosferico uccide circa 7 milioni di persone all’anno in tutto il pianeta, soprattutto a causa delle emissioni di anidride carbonica che ormai quasi ovunque superano i limiti previsti. 

Ma quali sono i principali responsabili delle emissioni di CO2? Industria, consumi energetici domestici e trasporto, in modo particolare quello su strada: i veicoli “tradizionali” risultano essere il mezzo più inquinante in assoluto.  La conferma di questo è il dato di fatto che durante il lockdown, quando tutti eravamo chiusi in casa, la qualità dell’aria era nettamente migliorata. Ma forse questo ormai lo sappiamo da un po’: non avevamo certo bisogno del Covid per accertarlo! Eppure, ancora non siamo arrivati a una svolta risolutiva, per quanto poi già da diversi anni si è compreso che una delle soluzioni per ridurre l’inquinamento atmosferico e le emissioni di gas serra è rappresentata dai veicoli elettrici, una tecnologia che potrebbe portare a importanti sviluppi futuri per la creazione di un mondo più sostenibile, ma su cui ci sono ancora diverse questioni aperte, fondamentalmente legate ai costi finora molto alti, all’autonomia – in termini di durata e ricarica delle batterie - del veicolo stesso e, forse, a una certa resistenza da parte della stessa industria automobilistica con relativi OEM e fornitori.

Indubbiamente l’industria dell’auto ha subito, negli ultimi dieci anni, una mutazione profonda: una certa sensibilizzazione al problema della sostenibilità ambientale, del riscaldamento globale e una nuova attenzione verso uno stile di vita più sano ha portato l’uomo, se non proprio a fare a meno dell’auto, a metterne in discussione l’utilizzo, tendendo a ridurlo e a cercare soluzioni alternative. Possedere un auto di grande cilindrata con un motore “rombante”, non è più uno status symbol, come lo è stato negli ultimi tre decenni scorsi. Quindi, necessariamente il mercato dell’automotive deve reinventarsi e riproporsi in maniera innovativa, puntando sia sulla creazione di veicoli efficienti e alternativi, sia su un modello di business diverso (pensiamo, per esempio, al car sharing). L’industria automobilistica si trova, dunque, di fronte a sfide e opportunità in termini di innovazione tecnologica senza precedenti, se sarà capace di interpretare i cambiamenti e i nuovi bisogni della società.

Questo stravolgimento epocale evidenzia la necessità di migliorare i sistemi di progettazione e i processi di ingegneria attuali che, di fatto,  sono il risultato di cento anni di evoluzione del settore automobilistico; richiede nuovi strumenti in grado di lavorare in sintonia con le attività di produzione e i fornitori per garantire maggiore qualità, sicurezza e affidabilità per i nuovi veicoli.

Che ne sarà di tutte le aziende che fino ad ora hanno ruotato intorno al mondo dell’automobile?

Le vetture elettriche possiedono molti meno componenti rispetto a quelle a carburante e richiedono meno lavoro manuale. Tutto ciò che oggi i meccanici offrono agli automobilisti, non servirà più alle auto azionate da energia elettrica, saranno aboliti il grasso lubrificante, i filtri del motore, la sostituzione delle candele o il semplice cambio dell’olio.

Non esisterà più il concetto del “portare la macchina dal meccanico”, quanto piuttosto quello di andare presso centri specializzati che forniranno servizi, eseguiranno aggiornamenti di software e installazioni di nuove App e, certo, si occuperanno della sostituzione degli pneumatici, ma in generale cambiano completamente le competenze richieste, approccio e metodologia di intervento.

Cosa succederà, dunque, alla vasta filiera di OEM e fornitori  che fino ad oggi hanno sviluppato e fornito tutta la complessa componentistica legata all’auto?

La risposta è fin troppo ovvia: o soccombono o si reinventano.
Si tratta, infatti, di una modificazione quasi genetica, uno vera e propria mutazione del DNA dell’auto!

A questo riguardo l’ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) è andata ad analizzare  i cinque domini propri dell’industria dell’automobile - powertrain, telai, interior, exterior  ed elettronica – per poter tracciare una possibile evoluzione di questi ambiti nei prossimi dieci anni.  Quello che emerge in maniera chiara è la netta  discontinuità rispetto al passato in ambito powertrain, in quanto più dell’85% dei componenti diventerà obsoleto, anche in considerazione del fatto, come si è detto, che la vettura elettrica ha un numero di componenti decisamente inferiori rispetto a quella tradizionale (si passerà da 1400 componenti a 200 circa), in compenso verranno introdotte nuove  piattaforme completamente integrate per la trasmissione. Ancora, alcuni componenti tradizionali dovranno necessariamente subire un’evoluzione, quali i sistemi di raffreddamento e trasmissione, per rispondere ai nuovi requisiti richiesti dalla configurazione ibrida e dalle batterie. Nei veicoli ibridi, per esempio, lo stesso motore a combustione interna deve essere ridotto di dimensioni, mentre le diverse parti delle vetture quali ruote, pneumatici, freni, sospensioni devono essere in linea con le nuove caratteristiche dei veicoli elettrici. Allo stesso tempo, verranno introdotti nuovi componenti quali appunto batteria elettrica - cuore pulsante delle automobili full electric -, elementi elettronici vari e, ovviamente, motore elettrico, con degli standard tecnologici più sofisticati.

Indubbiamente, la connettività della vettura rappresenterà un fattore chiave e abilitante delle nuove funzionalità del veicolo; questo determinerà una significativa evoluzione delle caratteristiche della plancia e dei comandi in termini di Human Machine Interface, di accesso alle informazioni necessarie per la guida autonoma, di centraline molto più efficienti nella capacità di elaborare i dati in tempo reale e di interazione attraverso il cloud, oltre a un forte focalizzazione sulla cyber security e relativi sistemi antifurto “smart”.  Le vetture del prossimo futuro, inoltre, saranno sempre più dotate di sensori, videocamere e radar che permetteranno notevoli livelli di autonomia e di controllo del veicolo stesso, a costi sempre più accessibili.
Un altro aspetto estremamente importante è legato all’esperienza a bordo, infatti il crescente interesse da parte degli utenti verso la guida autonoma, spinge gli OEM verso l’ottimizzazione degli stessi  interni che dovranno essere pensati per soddisfare le esigenze dei conducenti e dei passeggeri durante il viaggio, progettando veicoli a configurazione variabile, a seconda del tipo di utilizzo e di utilizzatore del veicolo. In tutto ciò, il ruolo del software sarà nevralgico e rappresenterà l’elemento differenziatore tra i vari OEM, in quanto è quello che va a influire molto sull’esperienza a bordo. 

Come conseguenza di tutto ciò inoltre, come si accennava all’inizio, l’avvento del veicolo elettrico determinerà la nascita di nuovi servizi quali per esempio sistemi di ricarica rapida, soprattutto nell’ottica di lunghe percorrenze, o di riciclaggio delle batterie, dando così vita a nuovi mercati.

Quindi, alla luce di quanto emerge dalle diverse analisi e studi di mercato, è evidente che questa svolta epocale nell’industria dei trasporti, che vede una progressiva transizione dalla meccanica all’elettrico, può rappresentare una grande opportunità per molte aziende – a tutti livelli – in questo settore: tutto sta nel decidere di affrontare il cambiamento senza esitazioni, avendo la capacità di reinventarsi, innovarsi, acquisendo nuove competenze,  ampliando i propri orizzonti e adottando nuovi modelli di business.

Lo stesso articolo è stato pubblicato anche su NewsImpresa - MindUp Pentaconsulting
 

martedì 28 luglio 2020

LA REALTA' VIRTUALE: UN'ALTERNATIVA POSSIBILE

TECNOLOGIA

di Maria Lanzetta

Mai come in questo momento ci siamo resi conti di quanto la tecnologia possa accorciare le distanze e abbattere le barriere, per quanto ovviamente non possa sostituire il contatto umano emotivo e quella comunicazione non verbale, fatta di gestualità. 
Le Realtà Virtuale, in questo senso, sicuramente è la tecnologia che meglio interpreta questo bisogno di stabilire un contatto diretto e interattivo con uno o più interlocutori, che siano persone o cose. Dalle catene di produzione, ai reparti di sviluppo prodotto, dall'arredamento, all'abbigliamento, dal monitoraggio di un'impresa alla formazione dei dipendenti.
La rivoluzione digitale che le aziende oggi devono necessariamente cavalcare - altrimenti soccombono -passerà inevitabilmente dalla realtà virtuale. Anzi, diciamo anche che molte sono le imprese, il cui management ha una visione strategica e di ampio respiro del proprio business, che si sono già incamminate sulle strade del mondo virtuale. 
Ormai appare chiaro che la realtà virtuale, un dei pilastri dell’Industria 4.0, non è più una tecnologia strettamente legata al mondo dell’entertainment, ma rappresenta una nuova dimensione, “l’altra dimensione” su cui tutte le tipologie di aziende possono costruire un nuovo modo per sviluppare il proprio business.
Essa permette un’esperienza immersiva completa che lascia totalmente fuori il mondo fisico. Utilizzando dispositivi VR comevisori, occhiali e joystick – oggi alla portata di tutti -gli utenti possono essere trasportati in un numero di ambienti reali e immaginari a seconda delle esigenze e delle finalità. Esistono tools di Realtà Virtuale che consentono, per esempio, di controllare a distanza lo stato di un cantiere o l’andamento di una catena produttiva in modalità completamente immersiva. 
Un altro aspetto fondamentale è quello della sostenibilità, sia ambientale, sia economica. Adottare tecnologie di realtà virtuale significa: 
  •  Riduzione di prototipi fisici, in quando consente l’analisi, la revisione e il testing di un progetto in un contesto totalmente virtuale, migliorando tra l’altro sensibilmente, l’esperienza clien
  • Riduzione dei viaggi e trasporti sia perché non è più necessario effettuare sempre delle verifiche in loco, sia in occasione di manifestazioni fieristiche, all’interno delle quali si può offrire la visione dei propri prodotti in modalità virtuale. 
E adesso più che mai, abbiamo bisogno di potenziare e valorizzare la manifattura italiana!
Questo, di fatto, si traduce in meno materiale di scarto, meno emissioni di particelle CO2: quindi meno impatto ambientale e meno spreco. 
Infine, non bisogna pensare che l’adozione di tecnologie di VR sia prerogativa esclusiva delle grandi aziende: in realtà ci sono già diversi esempi di PMI che stanno provando a valorizzare ilmade in Italye a migliorare la customer experience, interagendo con il cliente attraverso tali strumenti.