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giovedì 12 ottobre 2023

INDUSTRIA 5.0: COSA È E COME CAMBIERÀ LE STRATEGIE AZIENDALI

TECNOLOGIA

di Maria Lanzetta

Mentre per molte aziende, l’Industria 4.0 rappresenta ancora il passo successivo delle proprie strategie, un nuovo paradigma produttivo sta prendendo piede, a completamento e superamento dell’attuale modello, che punta su sostenibilità, resilienza e approccio human-centric per abilitare la cooperazione uomo-macchina

L'evoluzione delle tecnologie industriali è passata da diverse fasi nel corso della storia, a partire dalla prima rivoluzione industria, caratterizzata dall'avvento della macchina a vapore, fino a oggi con l'Industria 4.0, che ha portato con sé l'automazione e la robotica, l'IoT nelle fabbriche, il cloud, i big data, la produzione additiva, la simulazione, la realtà virtuale e aumentata, l’intelligenza artificiale, il machine learning e molto altro. Oggi però siamo già al ‘next step’ e un'altra trasformazione epocale si sta delineando: l'Industria 5.0. Questo nuovo paradigma rappresenta un'ulteriore rivoluzione industriale che combina le potenzialità dell'automazione avanzata con la creatività umana, aprendo la strada a una produzione altamente personalizzata, sostenibile, innovativa, ma soprattutto human-centric. In effetti, L'I 5.0 è un concetto che integra nell'ambiente produttivo le tecnologie digitali avanzate con il potenziale umano, e se l'Industria 4.0 ha visto la nascita di fabbriche intelligenti, dove macchine e sistemi comunicano e collaborano tra loro, l'Industria 5.0 spingerà ulteriormente questa collaborazione, introducendo la dimensione umana in modo più profondo e capillare. In questa nuova era le persone interagiranno quotidianamente con macchine intelligenti, portando il proprio valore aggiunto insostituibile, in termini di creatività, intuizione e competenze.

Cos’è l’Industria 5.0?
Il concetto di Industria 5.0 è relativamente nuovo e secondo la Commissione Europea, fornisce una visione dell’industria che va oltre l’efficienza e la produttività come unici obiettivi, mentre rafforza il ruolo e il contributo dell’industria alla società, ponendo il benessere del lavoratore al centro del processo produttivo, attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie, per garantire prosperità, occupazione e crescita, nel rispetto del pianeta. Andando oltre l’approccio dell’Industria 4.0, l’I 5.0 mette la ricerca e l’innovazione al servizio della transizione verso un’industria europea sostenibile e resiliente, incentrata sull’uomo. In altre parole, nella sua essenza, l’Industria 5.0 sposta l’attenzione dal valore economico a quello sociale, focalizzandosi non più e non solo sul welfare aziendale, quanto sul benessere dell’individuo.
Ora, fermo restando che già da qualche tempo si sente parlare di responsabilità sociale delle imprese e di ESG (Environmental, Social, Governance), mettere le persone e il pianeta, piuttosto che i profitti e la crescita, al centro del concetto stesso di industria è il vero grande elemento di novità che caratterizza questo nuovo trend, e mai prima d’ora abbiamo visto un’enfasi così forte sulla ridefinizione degli obiettivi fondamentali dell’industria del futuro.
L’attenzione al valore sociale e al benessere si inserisce in uno sviluppo che sta prendendo slancio negli ultimi anni, in particolare nell’era post-Covid che ha inevitabilmente portato a una revisione degli obiettivi e delle priorità sociali, economiche e individuali.  L’idea di Industria 5.0, pertanto, non si limita al mondo manifatturiero in senso stretto, ma si applica a ogni settore e organizzazione, e questo significa che la sua applicabilità è considerevolmente più ampia rispetto all’Industria 4.0; di conseguenza, quando si parla delle implicazioni di questo nuovo paradigma in termini di strategia, dobbiamo adottare una prospettiva più estesa, applicabile a tutti i settori economici e sociali.

I tre pilastri dell’Industria 5.0
I cardini su cui si fonda questo nuovo modello industriale possono essere sintetizzati, sostanzialmente, in tre punti salienti, ovvero strategia incentrata sull’uomo che promuove talenti, diversità ed empowerment, ovvero restituire alle persone il completo controllo del proprio contesto sociale, professionale, privato, economico e finanziario, con consapevolezza e autonomia.  Secondo questo approccio, il cambiamento più importante sta nel considerare le persone non più come ‘mezzo’, piuttosto come ‘obiettivo’: ciò si traduce in uno spostamento di prospettiva che non mette più gli individui al servizio delle aziende, quanto piuttosto le aziende al servizio degli individui. Questo è davvero un cambiamento radicale, in linea con gli attuali trend che caratterizzano il mercato del lavoro, e infatti in molti settori trovare, fidelizzare e mantenere i talenti è diventata una sfida molto più grande che trovare, fidelizzare e mantenere i clienti. Dunque, se si va in tale direzione, le strategie aziendali devono essere necessariamente ripensate; lo stesso Michael Porter, la voce più autorevole a livello mondiale in materia di economia, strategie aziendali e marketing, sostiene che se le organizzazioni vogliono essere veramente incentrate sull’uomo, la prima implicazione è che esse devono mirare a “ottenere un vantaggio competitivo e utilizzarlo per creare un valore aggiunto unico per i dipendenti” (cit).
Il secondo pilastro  dell’Industria 5.0 è rappresentato da una strategia resiliente e agile con tecnologie flessibili e versatili. Come viene evidenziato dalla Commissione Europea, dopo il Covid-19, la carenza globale di forniture e la guerra in Ucraina, sono in pochi a non essere d’accordo sul fatto che la resilienza sia fondamentale, oggi e in futuro, tuttavia anche questo è un cambiamento più profondo di quanto potrebbe sembrare. In effetti, sebbene agilità e flessibilità siano già da tempo tra le priorità aziendali, questo non necessariamente si traduce in una maggiore resilienza, dal momento che, ad oggi, il business è in gran parte ancora guidato da una logica di efficienza e di ottimizzazione dei profitti. Affinché la resilienza diventi davvero uno degli assi portanti dell’Industria 5.0, è necessario che i focus primari delle strategie di un’impresa, non siano più la crescita, il profitto e l’efficienza, quanto piuttosto la capacità di creare un’organizzazione in grado di anticipare, reagire, imparare in modo tempestivo e sistematico da qualsiasi crisi e, quindi, garantire prestazioni stabili e sostenibili. E arriviamo, così, al terzo cardine, appunto una strategia sostenibile: alla luce delle reali e giustificate preoccupazioni ampiamente condivise sul cambiamento climatico, il concetto di sostenibilità non ha certo bisogno di presentazioni, ma anche in questo caso stiamo parlando di un trasformazione radicale di paradigma. Infatti, finora, tutte le iniziative aziendali rivolte alla sostenibilità si sono concentrate in gran parte sulla riduzione e la minimizzazione dei danni o sul greenwashing, ovvero un ecologismo di facciata. In realtà, integrare pienamente la sostenibilità nella strategia di un'organizzazione, comporta molto di più di quanto si si stia facendo attualmente e, piuttosto che limitarsi a ridurre l’impatto negativo di un’azienda sull’ambiente, è necessario concentrarsi invece sull’aumento dell’impatto positivo che questa può generare, con la finalità di rendere davvero il nostro mondo un posto migliore. In altre parole, la strategia sostenibile nell’Industria 5.0 si basa sul presupposto che le aziende diventino parte della soluzione, invece che parte del problema.


Caratteristiche e tecnologie chiave dell'Industria 5.0
Ora, alla luce di tali premesse, è interessante capire nel concreto quali sono le caratteristiche che connotano questo nuovo modello produttivo e quali sono le tecnologie che lo abiliteranno. Partiamo dalla collaborazione uomo-macchina: l'Industria 5.0 mira a creare un ambiente in cui le macchine collaborino attivamente con gli esseri umani. Quindi se, da una parte le macchine svolgono compiti ripetitivi, tediosi e, talora, pesanti, dall’altra gli esseri umani possono concentrarsi su attività che richiedono pensiero critico, risoluzione dei problemi e creatività, valorizzando quindi l’individuo in tutte le sue capacità, competenze e potenzialità. Per questo, l'uso della robotica avanzata avrà un ruolo cruciale per aumentare, in modo significativo, l'automazione dei processi industriali e la collaborazione tra robot e operatori umani. Da qui la necessità di sviluppare sistemi cognitivi sempre più sofisticati, basati su AI e apprendimento automatico continuo, così che le macchine possano imparare costantemente da esperienze passate e da grandi quantità di dati, per migliorare le prestazioni e la qualità, per adattarsi autonomamente alle situazioni e per prendere decisioni in tempo reale. In tal senso, l’IoT avrà sempre più un ruolo fondamentale per collegare in modo intelligente macchine, prodotti e sistemi, consentendo il monitoraggio e il controllo real time. Questa collaborazione potrà avvenire in modo sicuro grazie a sistemi di sicurezza avanzati, e la cyber security diventerà una priorità assoluta per proteggere infrastrutture e dati.
Anche la produzione su misura è una caratteristica fondamentale dell’Industria 5.o, perché consentirà la realizzazione di prodotti fortemente personalizzati e adattati alle esigenze individuali,  ciò implica il fatto che le fabbriche diventino altamente flessibili e agili, proprio per adattarsi velocemente alla domanda dei vari mercati e alle esigenze dei singoli clienti; in quest’ottica, la stampa 3D avanzata rappresenta un elemento chiave nella produzione personalizzata e  la creazione di componenti complessi in modo rapido ed efficiente. Inoltre, attraverso reti di produzione decentralizzate sarà possibile collegare tra loro le singole unità di produzione abilitandone interazione e collaborazione. Ma la tecnologia che ‘la farà da padrone’ nell’Industria 5.0 sarà la blockchain, la quale, secondo un principio di trasparenza e sicurezza, permetterà la tracciabilità completa dei prodotti lungo l'intera catena di approvvigionamento, garantendo la qualità e l'origine.
Queste diverse tecnologie e applicazioni, che oggi sono ancora agli albori e stanno iniziando gradualmente a prendere piede, diventeranno elementi di routine nell’imminente era dell’Industria 5.o. Stiamo, dunque, parlando di un modello produttivo assolutamente innovativo e rivoluzionario che avrà come punti di forza l'integrazione - sia verticale tra settori differenti, sia orizzontale tra aziende diverse - per tendere a una maggiore efficienza della produzione e della supply chain , e la condivisione di abilità e competenze, in un’ottica di massima ottimizzazione delle risorse.

Cosa aspettarsi nel prossimo futuro
Proprio come il modello dell'Industria 4.0 ha richiesto alle aziende di uscire dalla loro comfort zone, per vivere con slancio la trasformazione digitale, l’ingresso nella quinta era industriale richiederà apertura mentale, lungimiranza e disponibilità ad affrontare un cambiamento radicale nell’approccio alla produzione: con una visione equilibrata e una pianificazione strategica ponderata, l'Industria 5.0 ci proietterà in un futuro dirompente nel quale l'innovazione e il progresso si fondono armoniosamente con la creatività umana. Non si tratta di un concetto ‘romantico’ dell’industrializzazione, quanto piuttosto di un modello secondo cui, quando tutto funziona in armonia, è possibile realizzare prodotti personalizzati, di alta qualità, più velocemente e a un costo inferiore come non mai, per rispondere ai bisogni dell’individuo e nel rispetto dell’ambiente. La tecnologia è a supporto delle persone e il suo impiego deve essere finalizzato a migliorare la nostra vita; per questo l'Industria 5.0 non è solo una rivoluzione guidata dall’innovazione, ma anche e soprattutto un movimento all’insegna di nuovi valori. Idealmente, spingerà il settore manifatturiero verso un futuro in cui il rispetto e la considerazione per l'ambiente e la centralità delle persone rappresenteranno i veri driver del mercato. Pertanto, mentre ci avviciniamo a questa nuova era, è fondamentale che le aziende, i governi e la società nel suo complesso si preparino adeguatamente per cogliere appieno i benefici di questa radicale trasformazione e affrontarne le sfide in modo proattivo e virtuoso.

Fonti: Forbes, europa.eu, Confindustria.it, ScienceDirect, “On Competion” – new edition di Michael Porter.

pubblicato su NewsImpresa settembre 2023



venerdì 1 settembre 2023

IL GENERATIVE DESIGN: LA NUOVA FRONTIERA DELLA PROGETTAZIONE

TECNOLOGIA

di Maria Lanzetta

Nell'era dell'Intelligenza Artificiale, una delle applicazioni più rivoluzionarie che sta catturando l'attenzione di progettisti, ingegneri, designer e architetti è il Generative Design. Questa tecnologia combina algoritmi di apprendimento automatico con princìpi di progettazione e design, per sviluppare e proporre soluzioni creative e innovative in vari campi, dalla progettazione meccanica, a quella civile, architettura e design.

Il Generative Design è un approccio alla progettazione assistita dall'Intelligenza Artificiale, che utilizza algoritmi di apprendimento automatico per generare una vasta gamma di possibili soluzioni di progettazione.  A differenza del design tradizionale, in cui i progettisti creano manualmente una singola soluzione, il Generative Design esplora un'ampia varietà di opzioni, sulla base di un insieme di specifiche e vincoli forniti dall'utente. La progettazione generativa affonda le sue radici nel CAD, il quale è passato dai primi approcci di progettazione 2D, a quella 3D diretta e successivamente parametrica, utilizzando appunto dei parametri definiti a monte in correlazione tra loro; al CAD tradizionale si sono, poi, aggiunte le varie tecnologie di simulazione digitale che consentono la verifica del modello in corso di sviluppo, offrendo la possibilità di fare test di varia natura e intervenire con eventuali modifiche. Oggi, la nuova frontiera della progettazione assistita al computer è rappresentata dal Generative Design che, proprio perché basato su apprendimento automatico in combinazione con l'input dell'utente, riesce a garantire una più efficiente collaborazione tra computer e utilizzatore, sfruttando tutti i principi del Machine Learning. Si tratta, dunque, di un processo di progettazione iterativo, in cui l’ingegnere, l’architetto o designer definisce le variabili e i vincoli, i quali verranno poi formalizzati nell’algoritmo che, successivamente, genererà una certa quantità di soluzioni. Tale meccanismo si ripete fino al raggiungimento di un risultato che soddisfi il progettista.

Come funziona il Generative Design?

Il processo di Generative Design, come si accennava poc’anzi, è alimentato da algoritmi di apprendimento automatico che sono addestrati su una vasta quantità di dati di progetti esistenti. Tali algoritmi analizzano queste informazioni e identificano modelli, tendenze e soluzioni creative che possono essere applicate a nuove esigenze progettuali. L'utente specifica i parametri di progettazione come le dimensioni, i materiali, i requisiti funzionali e i vincoli di produzione, e l'algoritmo produrrà automaticamente diverse alternative che soddisfino tali indicazioni. In effetti, una delle caratteristiche chiave del Generative Design è la capacità di esplorare simultaneamente una vasta gamma di soluzioni e valutare automaticamente ciascuna di esse in base a criteri specifici. Per esempio, se si sta progettando una poltrona, l'algoritmo può generare centinaia di diverse configurazioni di forma, struttura e materiali, e ogni configurazione può essere valutata in base a criteri come la resistenza, l'ergonomia, l'estetica e la facilità di produzione: questo processo ripetitivo consente di identificare rapidamente le soluzioni più efficaci e di affinarne ulteriormente lo sviluppo. Quindi, a differenza della metodologia di progettazione tradizionale che inizia con un modello basato sulle conoscenze pregresse dell'ingegnere, il design generativo non richiede conoscenze precedentemente acquisite. Inoltre, mentre l'ottimizzazione topologica utilizza un modello CAD progettato dall’uomo che fornisce carichi e vincoli specifici al software il quale, quindi, produce un modello ottimizzando il layout del materiale in base a tali indicazioni, il design generativo non ha bisogno di un prototipo di riferimento iniziale, e l'ingegnere deve solo indicare una serie di specifiche al software di GD, che produrrà molti potenziali progetti: in pratica viene automatizzata la fase di ideazione del concept e delle bozze. Il progettista, praticamente, deve semplicemente definire il problema in termini di parametri e il software proporrà una serie di soluzioni.
La progettazione generativa avviene, sostanzialmente, in tre fasi principali: riunione, in cui il team di progettazione stabilisce i vari parametri quali requisiti di spazio, materiale, vincoli di costo e prestazioni, oltre agli obiettivi progettuali generali. Ideazione: in questa fase il software genera le diverse soluzioni secondo le specifiche fornite; infine si arriva alla valutazione, che i progettisti elaborano relativamente alle diverse opzioni generate e, a quel punto, viene scelta la soluzione che meglio risponde agli obiettivi del progetto.

Applicazioni e vantaggi del Generative Design:

Il Generative Design ha applicazioni in molteplici settori; nello specifico dell'industria manifatturiera, rappresenta un valido aiuto in diverse aree come, per esempio, in produzione, per trovare nuovi modi per ridurre il peso dei componenti e può anche essere impiegato insieme alla stampa 3D e alla produzione additiva. Nell'industria automobilistica, il design generativo può essere utilizzato per esplorare nuove geometrie e forme per i ricambi auto, nella creazione di componenti leggeri e resistenti per automobili, aeromobili e altre applicazioni. Nel settore aerospaziale, inoltretale metodologia è molto efficace per creare nuovi progetti di aerei con l'obiettivo di migliorare l'impatto ambientale, la sicurezza e la riduzione del peso. Con le stesse finalità il GD si rivela un valido supporto nell’industria dei beni di consumo quali, per esempio, le attrezzature sportive, che possono essere progettate e realizzate per migliorare le prestazioni e ridurre i costi. Ovviamente nell’architettura, nella progettazione edile e nell’ambito dell’Interior Design, questa tecnologia trova un’applicazione ideale, per generare layout ottimizzati di spazi interni, modelli strutturali complessi e soluzioni energetiche efficienti. In generale, nei diversi ambiti il Generative Design si rivela estremamente efficace per la creazione e progettazione di parti e componenti, in modo più rapido e produttivo, a costi inferiori e maggiormente rispondenti ai requisiti di sostenibilità.
Ora, al di là dei vari settori in cui il GD può essere impiegato, i vantaggi che questo presenta sono fin troppo evidenti, a partire dalla personalizzazione di massa, in quanto, combinato con le diverse tecnologie dell’Industria 4.0 - che ormai hanno preso piede in diversi contesti -, rende molto più semplice provare un nuova variante di progetto o modificarne le specifiche, la qual cosa ovviamente porta a una maggiore efficienza. L’esplorazione simultanea rappresenta un altro aspetto strategico, poiché attraverso gli strumenti di progettazione generativa, si possono esaminare e valutare contemporaneamente molte iterazioni di progettazione, a volte centinaia di migliaia, consentendo all’ingegnere di verificare velocemente le diverse opzioni. Il design generativo permette, inoltre, una cronologia di progettazione più rapida, dal momento che automatizza alcune delle attività meccaniche, coinvolte nell'ideazione e nella progettazione, estremamente dispendiose in termini di tempo; il progettista può, così, concentrarsi maggiormente sul miglioramento continuo e sulla definizione dei problemi in modo più specifico. Infine, va considerata la facilità dell’approccio progettuale, in particolare per i progettisti ‘entry-level’, consentendo loro di creare qualcosa che funzioni fin da subito; pertanto, avendo alla base un minimo di competenze in ambito CAD, la progettazione generativa è relativamente facile da imparare.
Il Generative Design, dunque, offre numerosi vantaggi rispetto al design tradizionale, appunto perché, permettendo di esplorare rapidamente un'ampia gamma di soluzioni innovative, accelera il processo di progettazione e consente ai progettisti di superare i limiti delle loro stesse intuizioni; inoltre, tenendo conto dei parametri e vincoli specifici, garantisce la fattibilità e l'ottimizzazione delle soluzioni generate. Ciò porta a progetti più efficienti dal punto di vista energetico, più leggeri, più resistenti e meglio adattati a determinate esigenze, con evidenti benefici, di conseguenza, anche in termini di impatto ambientale e sostenibilità.
Il Generative Design rappresenta solo l'inizio di un epoca in cui l'Intelligenza Artificiale sarà sempre più coinvolta nel processo creativo; con l'avanzare della tecnologia, è possibile immaginare un'interazione più stretta tra l'AI e i progettisti, in cui l'algoritmo diventa un collaboratore creativo che offre suggerimenti, ispirazioni e soluzioni in tempo reale. Ciò potrebbe portare a una nuova forma di co-design creativo, nel quale l’Intelligenza Artificiale e l'essere umano lavorano insieme per sviluppare soluzioni sempre più innovative. Si tratta, dunque, di una tecnologia che sta trasformando radicalmente il modo in cui la progettazione viene concepita e realizzata: con le sue applicazioni in svariati settori e le sue potenzialità future, costituisce una tappa significativa nell'evoluzione della creatività umana.

Ovviamente è sempre opportuno ribadire che il Generative Design, come qualsiasi strumento basato su AI, non può e non deve sostituirsi alla capacità critica e creativa dell’uomo, ma deve essere recepito piuttosto come un valido aiuto, una sorta di ‘assistente virtuale’ che gli evita operazioni ripetitive e attività a basso valore aggiunto, dispendiose di tempo.

Siamo solo all'inizio di questa rivoluzione, e il futuro della progettazione generativa promette di essere molto più sorprendente e stimolante di quanto si possa immaginare, sempre che la nuova generazione di ingegneri e progettisti sia in grado di coglierne le potenzialità, mettendole a servizio delle proprie competenze e del proprio ingegno.

articolo pubblicato su NewsImpresa settembre 2023

fonti: mckinsey.com, IOP Science, Design Research Society, Almamater Studiorum UniBO, TechTarget.com, Academic Accelerator, Wired

venerdì 21 luglio 2023

L’ERA DEL WEB 3.0 E DEL WEB3, due attori distinti e interconnessi

TECNOLOGIA

di Maria Lanzetta

Negli ultimi anni, abbiamo assistito a una rapida evoluzione di Internet che, superando i paradigmi 2.0, ha dato inizio alla rivoluzionaria era del Web 3.0. Questa nuova generazione di Internet è caratterizzata da due principali tendenze: la decentralizzazione, abilitata dalle tecnologie del cosiddetto Web3 (blockchain, NFT, criptovalute) e l’immersività delle esperienze digitali, rese possibili dalle tecnologie del Metaverso (AR, VR, motori 3D, AI).

Il Web 3.0, anche conosciuto come web semantico, rappresenta una nuova generazione di Internet che si propone di rendere la rete più intelligente e intuitiva rispetto al passato. Questa evoluzione sta avvenendo grazie all'utilizzo dell’intelligenza artificiale e di algoritmi di apprendimento automatico, che consentono di comprendere il contesto e il significato dei dati condivisi, semplificando la ricerca e l'accesso alle informazioni desiderate. Esso si basa su tecnologie blockchain e crittografia e, a differenza del Web2 caratterizzato da piattaforme centralizzate, il Web3 mira a restituire il controllo dell'identità digitale, dei dati e delle transazioni direttamente agli utenti. Ciò significa che si potrà interagire con applicazioni decentralizzate (DApp) senza intermediari di fiducia, eliminando la necessità di autorità centrali. 
Attenzione però a distinguere i termini Web. 3.0 e Web3 che non vanno considerati sinonimi, ma rappresentano due concetti ben distinti, sebbene assolutamente interconnessi. Essi, infatti, hanno due genesi separate, sono stati concepiti secondo logiche diverse e, soprattutto, hanno a monte obiettivi differenti seppure coincidenti e complementari. Il Web3 si riferisce a un concetto più ampio e generale di un Internet basato su tecnologie blockchain e su crittografia, e si fonda sul principio della decentralizzazione, sul controllo degli utenti dei propri dati e sull'utilizzo di token per incentivare la partecipazione e creare economie decentralizzate. Con il termine Web 3.0 si intende, invece, l'evoluzione verso un Internet intelligente e semantico, in cui è possibile un'esperienza utente più personalizzata, un accesso alle informazioni sulla base del significato, una maggiore automazione e un'architettura distribuita, ma soprattutto su tutte le potenzialità dell’intelligenza artificiale. Il Web 3.0 rappresenta, di fatto, la fase più recente ed evoluta della storia del Web.

Un po’ di storia
Il Web 3.0 viene teorizzato a partire dal 2006, come diretta conseguenza dei precedenti Web 1.0 e 2.0.  La prima fase di Internet è, infatti, rappresentata dal Web 1.0, identificato con i primi siti caratterizzati da contenuti statici; esso ha consentito per la prima volta l'interconnessione degli utenti attraverso reti di comunicazione. Durante questo periodo, sono stati sviluppati siti web, portali e piattaforme di servizi online in cui gli utenti potevano semplicemente navigare, esplorare e consultare contenuti di vario genere; si trattava, tuttavia, di un flusso comunicativo unidirezionale, senza possibilità di scambio e confronto. Successivamente, nella fase del Web 2.0 è stato introdotto un livello più elevato di interazione tra i siti e gli utenti, in cui sono state sviluppate applicazioni online come social network, blog, tag e podcast, che hanno permesso di approfondire le relazioni e di creare un flusso di comunicazione partecipativo tra gli utenti stessi. Il Web 2.0 si basa, in sostanza, su tre concetti fondamentali: interazione, condivisione e partecipazione. L'interazione offre a ciascun individuo la possibilità di accedere in tempo reale ai contenuti di proprio interesse e di condividerli con gli altri utenti della rete; in questo modo, la comunicazione diventa partecipativa, in quanto chiunque può contribuire alla diffusione dei contenuti su Internet, rendendoli accessibili a tutti. La diffusione dei social media, compresi dispositivi mobili come smartphone e tablet, ha permesso un'interconnessione online costante, superando le limitazioni temporali e spaziali dei canali tradizionali. Inoltre, la condivisione di informazioni si basa sulla semplicità d'uso dei social network quali Facebook, Instagram, Twitter, LinkedIn etc., che consentono di rimanere costantemente in contatto, condividere opinioni ed esperienze: in questo contesto la convergenza digitale ha svolto un ruolo fondamentale. Il Web 3.0 è in una fase di continua evoluzione e non può essere definito in modo circoscritto, tuttavia può essere sintetizzato in alcuni punti chiave: trasformazione del web in un enorme database, in cui le informazioni sono organizzate e connesse in modo intelligente;  sfruttamento delle tecnologie basate su AI per consentire un'interazione quasi umana tra l'utente e il web; presenza del web semantico, che permette ricerche più avanzate basate sulla presenza di parole chiave, collegamenti ipertestuali, etc; disponibilità di un web potenziato, in grado di influenzare la realtà in un modo mai visto prima grazie alle social reference. Fondamentale poi è poi la presenza del web 3D, il metaverso, con la trasformazione della rete in spazi tridimensionali, simile a quanto realizzato a livello embrionale in "Second Life" agli inizi degli anni 2000.

Caratteristiche e vantaggi del Web 3.0
Il Web 3.0 si basa su diverse caratteristiche fondamentali che lo distinguono, come si accennava prima, dalle versioni precedenti di Internet: intelligenza artificiale, grazie alla quale i motori di ricerca e le applicazioni web sono in grado di comprendere il contenuto e il contesto delle informazioni, consentendo una migliore indicizzazione e una ricerca più accurata; apprendimento automatico per cui il Web 3.0 può adattarsi alle preferenze e ai comportamenti degli utenti, fornendo informazioni personalizzate e pertinenti; semantica dei dati basata su una strutturazione dei dati che rende esplicito il loro significato, consentendo alle macchine di comprendere e mettere in relazione tra loro le informazioni.  E poi, ovviamente, l’interconnessione dei dati: il Web 3.0 mira a creare un sistema in cui i dati siano collegati tra loro, formando una rete di informazioni interconnesse che possono essere facilmente accessibili e utilizzate.
I vantaggi che il Web 3.0 può offrire sono diversi, quali la ricerca intelligente, per cui grazie all'AI e all'apprendimento automatico, gli utenti possono effettuare ricerche più precise e ottenere risultati pertinenti, in relazione al contesto e alle loro preferenze personali; esperienza online personalizzata più rilevante e coinvolgente, grazie al fatto che il Web 3.0 è in grado di fornire informazioni e contenuti specifici, in base alle attitudini e ai comportamenti dei singoli utenti. L’automazione delle attività rappresenta un altro enorme beneficio, in quanto l'integrazione di intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico semplificano la gestione delle attività online, automatizzando processi come la raccolta e l'organizzazione delle informazioni. Senza poi considerare l’accesso semantico ai dati, per cui la macchina è in grado di comprenderne il significato, facilitando la ricerca e l'accesso alle informazioni richieste in modo rapido ed efficiente.

Caratteristiche e vantaggi del Web3 
Il  Web3 che, come si accennava sopra, rappresenta un'infrastruttura tecnologica basata su blockchain, possiede una serie di peculiarità a partire dalla decentralizzazione servendosi di una rete peer-to-peer distribuita: ciò significa che non esiste un'unica autorità centrale che controlla tutto, ma piuttosto un ecosistema in cui le decisioni e il controllo sono condivisi tra i partecipanti alla rete; altra caratteristica è il controllo dell'identità digitale, grazie al quale gli utenti hanno maggiore autonomia nella gestione dei propri dati e delle proprie informazioni personali; infatti, utilizzando protocolli crittografici e identità digitali autonome, possono governare e controllare le proprie informazioni, senza dover dipendere da intermediari centralizzati, come i social media o le banche e ciò garantisce la protezione della privacy e della proprietà dei dati. Un’altra prerogativa del Web3 è la tokenizzazione: i token fungono da rappresentazione digitale di un valore o di un asset su una blockchain, e consentono la creazione di economie decentralizzate in cui gli utenti sono protagonisti attivi. Ancora, l’interoperabilità tra diverse applicazioni e servizi: le DApp (applicazioni decentralizzate) possono interagire tra loro attraverso standard aperti e protocolli comuni, consentendo ai dati di fluire liberamente tra varie piattaforme senza restrizioni centralizzate.


Una rivoluzione senza precedenti
Web3 e Web 3.0 sono concetti che vanno oltre il semplice accesso, la condivisione di informazioni e una navigazione più ‘intelligente’ e immersiva; in realtà stiamo parlando di un ecosistema che conferisce potere ai singoli individui: in un mondo dove le grandi corporation controllano i nostri dati e le nostre vite, la terza generazione del Web ci offre un'alternativa, restituendoci il controllo sulla nostra privacy e la proprietà dei nostri dati personali. Con il Web3 e 3.0, stiamo assistendo alla nascita di nuove opportunità economiche: le criptovalute e i token digitali stanno aprendo le porte a un sistema finanziario più inclusivo e accessibile a tutti; non importa chi siamo o dove ci troviamo, ciascuno di noi potenzialmente potrà partecipare all'economia globale, investire, collaborare e costruire un futuro finanziario più equo e democratico. Ma con questa nuova dimensione del Web si va oltre l'aspetto meramente finanziario, perché in realtà ci viene offerta una nuova visione di Internet, un nuovo paradigma basato sulla trasparenza, sulla sicurezza e sulla fiducia. Con l’avvento di questa nuova era, possiamo immaginare un futuro in cui la privacy è un diritto inalienabile, dove l'identità digitale appartiene a noi e solo a noi, potremo creare e condividere contenuti senza timore di essere sorvegliati o manipolati; avremo modo, finalmente, di riappropriarci completamente delle nostre vite digitali senza interferenze e intromissioni.
Siamo testimoni di un momento epocale nella storia dell'umanità: la terza generazione del Web sta portando con sé un potenziale che allo stato attuale è anche difficile da immaginare pienamente; ci aspetta una rivoluzione digitale senza precedenti, che cambierà radicalmente il modo in cui viviamo, interagiamo e ci relazioniamo all’interno di un mondo interconnesso. Ma affinché ciò avvenga, ciascuno deve fare la sua parte: dobbiamo educarci, comprendere i suoi princìpi fondamentali per coglierne appieno le potenzialità e i benefici, esplorare e adottare le nuove tecnologie che ci vengono messe a disposizione, con slancio sì, ma anche con cognizione di causa, competenza e, all’occorrenza, avvalendoci del supporto di che ne sa più di noi. Dobbiamo essere protagonisti di questo cambiamento e contribuire alla costruzione di un futuro in cui il potere sia distribuito in modo equo e la tecnologia sia al servizio dell'intera umanità.

Articolo pubblicato su NewsImpresa - luglio 2023

FONTI: Forbes, Blockchain Council, productalitation.com, Money.it, nftmagazine.it

venerdì 16 giugno 2023

CHATGPT: OPPORTUNITÀ O MINACCIA?

TECNOLOGIA

di Maria Lanzetta

In questi ultimi anni l'intelligenza artificiale generativa ha subìto una profonda e rapida evoluzione, passando dalle primissime applicazioni di chatbot, basate su un set di regole ben definite ma statiche e circoscritte, a piattaforme conversazionali più sofisticate, guidate da un sistema di apprendimento automatico derivato dall’interazione con gli utenti, fino ad arrivare a ChatGPT

ChatGPT, come è ormai noto, è un’applicazione di intelligenza artificiale conversazionale estremamente avanzata - sviluppata dalla società di ricerca OpenAI -, che utilizza una tecnologia di elaborazione del linguaggio naturale (NLP), definita Generative Pre-trained Transformer 3 (GPT-3). Essa utilizza un modello di rete neurale denominato ‘trasformatore’, il quale è stato addestrato su un consistente database di testo. Nel momento in cui viene fornito un input o un prompt a ChatGPT, il modello di rete neurale analizza tale testo e usa le informazioni apprese dal database, per generare in modo automatico un contenuto di qualità simil-umana. Per cui, quando un utente inserisce una richiesta, ChatGPT dovrebbe essere in grado di generare una risposta pertinente e coerente all’interno della conversazione. A differenza dei comuni chatBot, generalmente utilizzati per attività specifiche quali, per esempio, il servizio clienti su portali, ChatGPT può essere impiegato per molte attività diverse e in svariati contesti, e la sua funzione non si limita solo a rispondere a domande puntuali, ma è anche in grado di svolgere compiti e attività molto più elaborate. Praticamente, è un sistema di intelligenza artificiale che si avvicina tantissimo al modello umano, capace di conversare con le persone, interagirci in modo abbastanza logico e coerente, essendo stato istruito per dialogare con l’utente, attraverso l’utilizzo di algoritmi di apprendimento automatico: questo gli consentirebbe, quindi, di rispondere adeguandosi al contesto del dialogo. Di conseguenza, le risposte appaiono analoghe a quelle di una persona, e danno all’utente la sensazione di una conversazione interattiva, in contrapposizione alla tradizionale ricerca unidirezionale, utilizzata solitamente con i vari browser di navigazione su Internet.

Una guerra tra titani
Ora, mentre OpenAI lo scorso novembre catalizzava l’attenzione del mondo intero con il lancio di ChatGPT, a dicembre Google, sentendosi minacciata nella sua posizione di leader nell’ambito del “Search”, decideva di dare un’accelerata alle attività di sviluppo di prodotti AI-based e, per giustificare il suo ritardo, dichiarava di voler avere un approccio più prudente rispetto ai concorrenti, criticandone l’imprevedibilità e l’inaffidabilità della tecnologia. Così soltanto 6 mesi dopo - lo scorso maggio -, Google annunciava Bard, la sua nuova applicazione basata su AI generativa, costruita su un modello linguistico di grandi dimensioni (LLM) noto come LaMDA (Language Model for Dialogue Applications) ottimizzato su Transformer, architettura di rete neurale ideata da Google nel 2017, su cui è stata, peraltro, modellato anche ChatGPT. Il punto di forza di Bard sta nel fatto che integra tutti gli strumenti a marchio Google, peccato, però, che al momento è stata rilasciata in 180 paesi ma non in Europa (presumibilmente a causa delle norme restrittive GDPR). Nel frattempo Microsoft, anticipando Google e battendola sul tempo, nei primi giorni dello stesso mese presentava il suo nuovo chatbot Bing Chat GPT-4, che il colosso americano ha aperto gratuitamente a tutti, senza doversi registrare in una lista di attesa, infatti basta accedere alla nuova versione di Bing o Edge con il proprio account Microsoft, per provare la nuova applicazione. In realtà, il modello su cui si basa Bing Chat è Prometheus, che di fatto rappresenta un’evoluzione dello stesso GPT-4,  caratterizzato da modelli di addestramento che permettono di generare contenuti e dati più aggiornati, quasi in tempo reale. E poi c’è Amazon che, dopo aver avuto un ruolo da pioniere con Alexa, l’assiste vocale intelligente basato su cloud, ha deciso di cavalcare anch’essa l’onda della Generative AI, puntando a creare applicazioni di AI generativa integrate, in collaborazione con Hugging Face velocizzando il processo di formazione, ottimizzazione e diffusione di modelli di linguaggio combinato con elementi visivi. Ovviamente, la Cina non è stata a guardare ed è entrato in gioco Baidu (per intenderci il corrispondete ‘Google’ cinese) con Ernie bot, un chatbot che per ora è in fase di test ed accessibile su invito, anch’esso basato su un modello linguistico addestrato con AI generativa, in grado di simulare risposte e conversazioni “intelligenti” con gli utenti. Un’applicazione che in Cina sembrerebbe non aver riscontrato grande entusiasmo, forse perché, inevitabilmente, sottoposta alle censure del Governo cinese che, notoriamente, non darebbe molto spazio alla libera informazione.

Potenzialità e ambiti applicativi
Indubbiamente le aree di applicazione che potrebbero trarre grandi benefici dall’adozione di piattaforme di AI conversazionale generativa come ChatGPT sono numerose, a partire dall’assistenza clienti, in cui chatbot e consulenti virtuali sono in grado di gestire un'ampia gamma di domande e richieste, migliorando l'efficienza, riducendo i tempi di attesa e aumentando il grado di soddisfazioni dei clienti. Analogamente nel settore finanziario, per effettuare analisi di dati, previsione dei trend di mercato e nella gestione del rischio, può diventare un utile supporto per prendere decisioni su investimenti e per la gestione del portafoglio. Un altro esempio di potenziale utilizzo di ChatGPT è anche nel settore medico-sanitario, dove può essere impiegata nella diagnosi e nel trattamento di malattie, nella personalizzazione della terapia e nella ricerca di nuovi farmaci. Potremmo andare avanti con una lunga lista di ambiti applicativi, in cui l’AI generativa può rivelarsi utile ed efficace, ma dove ChatGPT sembrerebbe essere uno strumento davvero rivoluzionario, è soprattutto in tutte quelle attività che richiedono sviluppo di contenuti: nell’elaborazione di testi coerenti su molteplici argomenti, da articoli di carattere politico, di cronaca, tecnici, fino ad arrivare alle ricette di cucina. Non solo, questa applicazione dovrebbe essere in grado di svolgere attività creative quali scrivere email, generare post social, tradurre e addirittura comporre poesie; gli algoritmi su cui si basa, inoltre, consentono di correggere errori, eseguire calcoli, programmare e molto altro ancora. Tutto questo sembrerebbe fantastico!
Ma possiamo fidarci completamente di tutto quello che ci ‘racconta’ ChatGPT? E, soprattutto, quanto può essere pericoloso uno strumento di questo tipo?

Limiti e minacce
ChatGPT è stato lanciato lo scorso novembre e ha generato immediatamente grande consenso e apprezzamento, per la sua capacità di fornire risposte dettagliate e apparentemente molto accurate, risultando, come si diceva sopra, molto vicine a una conversazione umana. E’ fuori dubbio che si tratti di un modello linguistico estremamente ampio, dal momento che è basato su oltre un triliardo di parametri ed è in grado di elaborare miliardi di parole in pochi secondi, tuttavia, nonostante ciò, con il suo crescente utilizzo, si è incominciato a mettere in discussione la sua totale attendibilità. In effetti, bisogna stare attenti a non sottovalutarne alcuni limiti, dall’affidabilità delle risposte alla difficile verificabilità delle fonti. In realtà, sebbene ChatGPT venga addestrato su una grande quantità di dati e di testo, attualmente non ha una comprensione intrinseca del mondo reale, pertanto può avere difficoltà a interpretare il contesto di una conversazione, a cogliere le sfumature del linguaggio umano, espressioni idiomatiche o modi di dire, così come non dispone di buon senso: questo fa sì che possano essere generate risposte imprecise o irrilevanti. Un’altra limitazione di ChatGPT è che non tiene conto degli eventi in corso e neanche di quelli più recenti, nel senso che non conosce tutte le informazioni generate dopo il 2021. Quindi, se la necessità è quella di avere informazioni aggiornate, non solo si rischia di avere risposte poco attendibili, ma addirittura fuorvianti. Da considerare, inoltre, che ChatGPT è più efficace nel fornire risposte specifiche a domande precise e circoscritte, mentre lo è meno in quelle aperte, così come in conversazioni più astratte, contenenti elementi di carattere emotivo. Alla luce di ciò, è fondamentale tener ben presente che questo tipo di applicazione può rappresentare, certo, un enorme supporto in quelle attività di tipo standard e ripetitive, tipicamente noiose e molto dispendiose di tempo, ma necessita sempre dell’intervento umano. Per cui, una volta che un testo viene generato sulla base di determinati input, sarà comunque necessario intervenire con delle modifiche, per adattarlo alle esigenze specifiche di un particolare contesto, o per inserire informazioni importanti che il modello potrebbe ignorare. Inoltre, almeno per il momento, ChatGPT non può sostituire l'empatia umana, quindi è importante fare attenzione al tono e allo stile del testo che viene elaborato. A ciò si aggiungono, poi, quei fenomeni che in gergo sono chiamati ‘allucinazioni’, ovvero risposte totalmente infondate, generate da una sorta di mescolanza di realtà e finzione: questo succede soprattutto quando si chiedono compiti particolarmente complessi, è quasi come se ChatGPT andasse in tilt.
E’ evidente, dunque, che la conoscenza umana e il buon senso abbiano un ruolo fondamentale e imprescindibile nell’utilizzo di tali applicazioni; insomma non possiamo prendere per ‘oro colato’ tutto ciò che ChatGPT ci racconta. Solo la capacità di discernimento che si fonda sulle nostre conoscenze, competenze ed esperienze, possono guidarci in un utilizzo virtuoso di tali strumenti, i quali possono essere estremamente pericolosi e fuorvianti soprattutto per i giovani utenti, se non vengono educati a sviluppare un proprio bagaglio di conoscenze – magari costruite su fonti più tradizionali e attendibili – e una propria capacità critica.
E poi c’è la delicata questione della privacy, a proposito della quale, lo scorso marzo in Italia era arrivato lo stop del Garante della Privacy che aveva bloccato l’uso di ChatGPT fino al 30 aprile, termine entro cui OpenAI avrebbe dovuto provvedere a implementare procedure di raccolta e trattamento dei dati secondo le normative in vigore; a informare chiaramente gli utenti sul trattamento dei loro dati e ottenere il loro consenso esplicito; a garantire che gli utenti possano esercitare il diritto alla cancellazione dei dati personali e a monitorare costantemente i rischi per la privacy: lo scorso marzo, infatti, si era verificato un data breach che ha causato la dispersione di dati di oltre 100.000 utenti. A tutto questo si aggiungeva un altro aspetto che ha allarmato il Garante della Privacy, relativamente all’utilizzo dell’applicazione da parte di utenti giovani.  Effettivamente sembrerebbe che, per quanto le regole di ChatGPT proponessero l’utilizzo del software dai 13 anni in su, non ci sarebbero stati sufficienti filtri per controllare l'età di chi lo usa. E la tutela dei più giovani è una questione a cui il Garante ha deciso di dare una priorità assoluta, perché è molto alto il rischio che le nuove generazioni “native digitali” ne facciano un uso indiscriminato, senza un minimo di consapevolezza e senso critico. Di fronte a tale disposizione, OpenAI aveva fin da subito manifestato la propria volontà a collaborare, in modo tale da ottenere la revoca del provvedimento e, quindi, poter rendere nuovamente accessibile l’App nel territorio italiano. 
Attualmente ChatGPT è ritornata operativa in Italia, e lo stesso Garante con un comunicato ufficiale, ha fatto sapere che la controversia con OpenAI si è conclusa con pieno adempimento, da parte dell'azienda americana, alle indicazioni dell'Autorità contenute nel precedente provvedimento. Adesso, al momento della registrazione all’applicazione, la prima cosa che salta all’occhio sembrerebbe essere la richiesta agli utenti di confermare di avere più di 18 anni oppure di averne più di 13, nel quale caso è necessario il consenso dei propri genitori. Sono presenti, inoltre, link all'informativa sulla privacy e a un articolo che spiega come viene sviluppato e ‘addestrato’ il massiccio modello linguistico che sta alla base del funzionamento di ChatGPT. E’ stata, inoltre, gestita anche la questione delle cronologia, per cui gli utenti italiani possono, sì, mantenere lo storico delle proprie conversazioni, ma hanno anche modo di cancellare agevolmente tutta la cronologia dall’impostazione del proprio profilo.


ChatGPT ed etica
Ora, al di là dei vari aspetti in materia tecnica e di diritto, è opportuno soffermarsi a fare qualche riflessione di carattere etico e morale. Tanto per cominciare, una minaccia fin troppo palese è che applicazioni, quale ChatGPT e simili, rischino di determinare un appiattimento del cervello umano, portando le persone a impigrirsi mentalmente e a farci un eccessivo affidamento, con il pericolo di impoverire il proprio pensiero critico e indebolire le proprie capacità di discernimento. Non è un caso che i pionieri e i promotori di tale tecnologia stiano facendo un passo indietro: recentemente infatti, alcuni dei più grandi esperti al mondo nel campo dell’Intelligenza Artificiale hanno lanciato un vero e proprio appello, per mettere in pausa lo sviluppo di ChatGPT e analoghe applicazioni, per definire a monte regole condivise e protocolli di sicurezza e di Governace, affinché  l'AI non finisca per sopraffare l’umanità, causando un profondo cambiamento nella nostra civiltà. Tra i firmatari di questa petizione ci sono nomi illustri, a partire proprio da Elon Musk, CEO di Tesla, SpaceX, Twitter e tra i fondatori proprio di OpenAI insieme a Sam Atman; Steve Wozniak, co-fondatore di Apple, così come luminari dell’intelligenza artificiale quale Yoshua Bengio, vincitore del premio Turing (una specie di Nobel per l’Infomation Technology), e lo storico israeliano Yuval Noah Harari, noto per i suoi bestseller sulla storia dell’uomo e della civiltà. Tutte voci autorevoli che hanno preso coscienza del problema e si sono dichiarati seriamente allarmati su  una tecnologia, che si sta dimostrando molto più pervasiva e sovrastante di quanto ci si potesse immaginare. Lo stesso Geoffrey Hinton, considerato uno dei maggiori esperti di reti neurali, nonché uno dei padri dell’AI, ha deciso di lasciare Google, dove per 10 anni ha dato un grande contributo in termini di ricerca e innovazione, per potere esprimere liberamente le proprie preoccupazioni sull'evoluzione dei sistemi AI e sull’ondata di disinformazione a riguardo. Hinton, infatti, teme che l’intelligenza artificiale possa sconvolgere il mercato del lavoro, sostituendosi prepotentemente all’uomo, e paventa il rischio, fin troppo concreto, che la nostra esistenza possa essere schiacciata da un fenomeno ‘fuori controllo’, a  causa di sistemi che l’umanità non sarebbe più in grado di gestire e dominare.
Ora, al di là di possibili scenari apocalittici, neanche tanto remoti,  attualmente stiamo parlando, di fatto, di una tecnologia dirompente e pervasiva su cui, verosimilmente, nel corso dei prossimi 10 anni, si vedranno notevoli progressi in termini di capacità ed efficienza, ma non dobbiamo dimenticare che deve essere sempre l’uomo a governarla e non il contrario, altrimenti si corre il rischio di una vera e propria regressione dell’essere umano. Quindi, ben venga ChatGPT con tutte le sue straordinarie e sorprendenti potenzialità, ma facciamone un utilizzo intelligente e consapevole, non abdichiamo completamente all’uso della nostre capacità intellettive e conoscitive … insomma non mandiamo in pensione anticipata il nostro cervello!

L'articolo è stato pubblicato su NewsImpresa di giugno


fonti: Intelligenzaartificialeitalia.net, Spremutedigitali.com, diritto.it, Il Sole 24 Ore,  Repubblica, Wired, today.it, Avvenire, Wall Street Italia

giovedì 13 aprile 2023

IL METAVERSO: UN UNIVERSO PARALLELO DA CONQUISTARE

TECNOLOGIA

di Maria Lanzetta

Il Metaverso, per quanto sia considerato il trend del momento, ha già alle sue spalle alcuni decenni e si porta con sé concetti, non ben definiti, legati a dimensioni di vita futuristiche. La ragione per cui oggi se ne parla sempre più insistentemente, è riconducibile all’inarrestabile progresso di Internet e delle diverse tecnologie immersive, la cui combinazione ci può portare in un universo ancora tutto da esplorare

La parola “metaverso” è una sorta di crasi tra il prefisso greco μετά, legato a concetti di mutamento, trasposizione e posteriorità, e il termine “universo”. Praticamente, si parla di un mondo che si colloca oltre la nostra normale e tradizionale dimensione umana.

Il concetto di Metaverso ha preso piede nel mondo della narrazione cyberpunk già agli inizi degli anni ‘90, che descrive un universo fantascientifico sopraffatto dalla tecnologia. Tuttavia, è tornato sotto i riflettori da un paio di anni e precisamente da quando Mark Zuckerberg ha ribattezzato “Facebook” in “Meta”, con l’ambizioso progetto di trasformare le sue piattaforme social in un mondo parallelo fatto di avatar che interagiscono fra loro, in una combinazione di realtà virtuale ed esperienze online. Ma relegare il concetto di metaverso all’ambito tipicamente “social” è un po’ troppo riduttivo, dal momento che si parla di un modo davvero rivoluzionario di fare esperienze oltre i limiti spazio-temporali.

Ma proprio perché stiamo parlando di qualcosa che deve ancora concretizzarsi in modo strutturato, l’idea stessa di metaverso è in continua evoluzione. Oggi, lo si può interpretare come uno spazio tridimensionale all’interno del quale le persone fisiche possono muoversi, collaborare e interagire, attraverso il proprio avatar; sostanzialmente, si tratta di un’ambiente di vita digitale, parallelo al mondo fisico nel quale si svolge invece la vita reale. Nel Metaverso le persone si muovono, lavorano, viaggiano fanno acquisti, si incontrano, mentre in realtà sono seduti alla scrivania del proprio ufficio o nella poltrona della propria abitazione: un mondo virtuale in 3D palpabile e tangibile come la vita vera, soltanto più grande e perfettibile, in cui delle versioni digitali di noi stessi si spostano liberamente da un’esperienza all’altra, portando con sé la nostra identità e il nostro patrimonio intellettuale ed economico. 

Le potenzialità del Metaverso
Secondo uno studio condotto da McKinsey nello scorso giugno (Value Creation in the Metaverse), nel 2022 il metaverso avrebbe raggiunto un valore che si attesta intorno ai 120 miliardi di dollari (esattamente il doppio rispetto all’anno prima) e, addirittura, si stima che entro il 2030 dovrebbe raggiungere i 5 trillioni di dollari. A quanto pare, dunque, siamo di fronte a un trend destinato a cambiare le abitudini di ogni persona in modo significativo, e non solo nell’ambito dell’entertainment e del gaming, ma anche e soprattutto nel mondo del lavoro. Non solo, il metaverso potrà avere anche un’importante valenza sociale, sia in termini di inclusività, non ponendo limiti culturali, raziali, di ceto o legati a disabilità, sia in termini di sostenibilità, abilitando spostamenti, viaggi e interscambi in modalità virtuale e immateriale. Si tratta di un ecosistema più democratico, costruito su tecnologie innovative ma potenzialmente alla portata di tutti, destinato a migliorare molti aspetti della quotidianità, se sapremo sfruttarlo cum grano salis, senza farci prendere troppo la mano!
In effetti, sono diversi gli ambiti in cui il metaverso potrà rappresentare in un futuro, neanche troppo lontano, un modo alternativo per vivere la nostra vita di ogni giorno a partire, per esempio, dal tempo libero, per cui ci sarà possibile vivere esperienze coinvolgenti in 3D, quali la partecipazione a concerti, manifestazioni sportive, mostre, cinema, teatro, eventi culturali e viaggi nella storia; così come anche le aree metropolitane potranno offrire servizi ai cittadini in modo più semplice, immediato e allo stesso tempo efficiente. Nel settore del retail, l’acquirente potrà vivere un’esperienza d’acquisto efficace e soddisfacente, in linea con i suoi desiderata, attraverso percorsi di shopping on-line guidati da un consulente virtuale, in grado di interagire con l’utente, esattamente come farebbe il commesso di un negozio fisico. Spostandoci, poi, in ambito medico/ospedaliero, l’applicazione del metaverso può davvero offrire un grande valore aggiunto, grazie all’utilizzo di tecnologie immersive e virtuali che, abilitando una forma di telemedicina, permetteranno di raggiungere anche i pazienti fisicamente più lontani, di interagire direttamente con loro, sia attraverso avatar sia con strumenti comandati a distanza. Ancora, il metaverso potrebbe diventare una soluzione rivoluzionaria anche in ambito formativo, grazie all’opportunità di apprendimento interattivo e immersivo che i nuovi materiali didattici, basati sulla realtà virtuale, potranno offrire agli studenti; non solo, ma permetterebbe di partecipare a corsi e lezioni a distanza, secondo un concetto che va ben oltre la fatidica DAD e i training on-line con tutti i limiti del caso. Infatti, frequentare scuola, università, master all’interno di un contesto di metaverso, consentirebbe di beneficiare contemporaneamente dei vantaggi dell’apprendimento in presenza e a distanza. Analogamente, si potrà pensare a un modello di azienda estesa, che superi il concetto di smart working, per passare a quello di un ambiente di lavoro ibrido costituito da spazi multifunzionali immersivi e di interazione reale-virtuale. 
In verità, nonostante siamo ancora agli albori, sono molte le imprese che oggi guardano al metaverso con una certa impellenza, e alcune stanno già cominciando a esplorare le sue possibili aree di applicazione, che potrebbe determinare un totale cambio di paradigma e un modo nuovo di fare business, modificando le dinamiche d’interazione tra aziende, consumatori, piattaforme web e all’interno dell’azienda stessa. Attualmente esistono già dei casi applicativi, quali spazi di ritrovo e sale riunioni virtuali in cui è possibile interagire e collaborare, anche attraverso l’utilizzo di ologrammi. Ma soprattutto, il metaverso aprirà la strada nel campo dell’Industria 4.0 a nuove applicazioni che consentiranno l’utilizzo di macchinari comandati a distanza, e lo stesso approccio si potrebbe adottare anche per il training on the job, con assistenti che saranno in grado di aiutare da remoto il personale impegnato a imparare nuove mansioni all’interno delle fabbriche.



Le tecnologie abilitanti
Alla creazione del metaverso concorrono un insieme di tecnologie che, combinate fra loro, ne costituiscono la struttura portante e ne abilitano il funzionamento: ciascuna di esse assolve a una funzione specifica e indispensabile per ottenere un risultato efficace. 
Si parte ovviamente dalla computer grafica e modellazione 3D, con cui è possibile costruire avar quanto più somiglianti all’essere umano e per creare una rappresentazione digitale tridimensionale di qualsiasi elemento; tali tecnologie sono fondamentali per conferire una dimensione realistica delle cose e del contesto con cui si ha a che fare. Queste vanno in continuità con il concetto di digital twin che rappresenta una replica digitale, un alter ego delle persone e delle cose in un universo parallelo a quello reale. In effetti, la grande sfida del metaverso è, appunto, quella di creare un ambiente digitale che sia sempre più simile al mondo reale, attraverso una versione digitale di persone in carne e ossa, oggetti, edifici e luoghi fisici. Un importate punto d’accesso al Metaverso è rappresentato poi dalla realtà virtuale (VR) che permette di creare l’ambiente immersivo, in cui gli utenti possono entrare attraverso visori, guanti e sensori. La realtà aumentata (AR) aggiunge, invece, elementi virtuali alla nostra esperienza reale, tramite l'uso di dispositivi come occhiali, smartphone o tablet; tali elementi, che possono essere visivi, uditivi e sensoriali, vanno a mescolarsi e integrarsi all’interno della nostra esperienza e della nostra realtà. Ruolo fondamentale è rappresentato dall’ Intelligenza Artificiale (AI), che fornisce informazioni utilizzabili per la definizione e la creazione di tutti gli elementi che popolano il metaverso, e per conferire agli avatar capacità simili a quelle umane, quali ragionamento, apprendimento, pianificazione e creatività. La stessa blockchain, inoltre, basata su un principio di decentralizzazione - caratteristica peculiare del metaverso -, svolge una funzione nevralgica, perché fornisce dispositivi di archiviazione sicuri, essenziali per il corretto funzionamento, impiegando token per memorizzare in modo sicuro i contenuti virtuali, i dati personali e le chiavi di autorizzazione. Altra tecnologia imprescindibile per la costituzione del metaverso è l’IOT (Internet Of Things), dal momento che abilita il processo di connessione a Internet di oggetti fisici di utilizzo quotidiano; l'implementazione dell'IOT, infatti, può collegare facilmente il mondo 3D ai dispositivi del mondo reale e ciò consentirebbe la creazione di simulazioni real-time all'interno del metaverso. Ora, perché tutto ciò sia possibile, è necessario un elevatissimo livello di connessione e qui subentra l’Edge Computing, che, con una latenza vicino allo zero, può consentire all’utente del metaverso di muoversi e interagire con un tipo di esperienza praticamente uguale alla realtà, garantendo un tempo di risposta ridotto a un livello inferiore a quello percepito dall’uomo. 

Dunque, il metaverso è un mondo digitale e immersivo in cui, in futuro, anche grazie ai Millenials, alla generazione Z  e successive, verosimilmente potremo trasferire una parte della nostra quotidianità.  Attualmente siamo in una fase embrionale, il cammino da fare è molto lungo e tortuoso, numerosi sono gli aspetti ancora da affrontare, fra cui innanzitutto una certa resistenza culturale  da parte della generazione dei boomer (sul viale del tramonto) che, a dispetto delle nuove tecnologie, preferiscono il contatto diretto, fisico ed emozionale. A ciò si aggiunge il fatto che le stesse tecnologie sono ancora da affinare e i costi legati agli investimenti nelle infrastrutture necessarie, attualmente, sono elevati. Così come sono ancora da risolvere questioni legate all'autenticazione dell'identità, al controllo della privacy e a una generale regolamentazione che copra aspetti legali, etici e sociali, non ultimo l’utilizzo di fake che generano falsa informazione su larga scala.

Quello che, intanto, possiamo fare è prepararci, informarci, acquisire competenze, non solo per non farci trovare impreparati all’avvento di questa nuova era, ma anche per essere in grado di beneficiare a pieno degli enormi vantaggi legati al metaverso e allo stesso tempo essere in grado di tenerne lontane le insidie.

analogo articolo pubblicato su NewsImpresa del 6 aprile 2023


Fonti:
Value Creation in the Metaverse – McKinsey report, giugno ‘22
EconomyUp
Network Digital360
Zeropixel
key4biz.it

 


mercoledì 15 marzo 2023

BLOCKCHAIN: POTENZIALITA' E OPPORTUNITA'

TECNOLOGIA

di Maria Lanzetta

La blockchain, una tecnologia apparentemente ancora distante dalla nostra quotidianità, sta prendendo piede progressivamente nella vita delle persone più di quanto immaginiamo, e non solo nel mondo bancario e finanziario, ma anche in settori quali cultura, pubblica amministrazione e impresa. Infatti, sebbene sia associata prevalentemente alle criptovalute, la blockchain in realtà ha svariate applicazioni e, soprattutto, numerose potenzialità ancora tutte da scoprire. 

Di blockchain se ne parla già da un po’, ma viene ancora percepita come qualcosa che abbia a che fare esclusivamente con il mondo della finanza, dal momento che rappresenta la tecnologia alla base delle transazioni in bitcoin e altre criptovalute, che garantisce un elevato livello di sicurezza. Essa, di fatto, consiste in un meccanismo di database avanzato che consente di archiviare i dati in blocchi collegati tra loro in una catena, in modo cronologicamente coerente e di condividere, in assoluta trasparenza, le informazioni all’interno di una rete aziendale, in cui prendono parte diversi stakeholder. Basata su DLT (Distributed Ledger Technology), la blockchain è, in pratica, un libro mastro digitale distribuito, non modificabile, che tiene traccia di ordini, pagamenti, transazioni e account. Il suo punto di forza sta nel fatto che si basa su meccanismi integrati, i quali impediscono l’inserimento di transazioni non autorizzate e creano coerenza nella visualizzazione condivisa di tali transazioni. Il suo livello di sicurezza ha fatto della blockchain la tecnologia ideale per lo scambio di monete digitali, ma allo stesso tempo ha reso possibile la sua diffusione in svariate aree di applicazione. In effetti, essa è utilizzabile non solo nel campo delle criptomonete, ma in tutti quei sistemi in cui è necessario scambiare delle informazioni in totale sicurezza. La blockchain può essere pubblica o privata e viene creata e strutturata in base alle specifiche esigenze applicative.

Caratteristiche, componenti e funzionamento della blockchain

La tecnologia blockchain ha tra le sue caratteristiche principali la decentralizzazione, ovvero il trasferimento del controllo e del processo decisionale da un’entità centralizzata a una rete distribuita. Tale rete si basa sulla massima trasparenza per garantire fiducia tra i partecipanti ed evita, inoltre, che nessuno di questi possa esercitare autorità o controllo sull’altro, in modo che la funzionalità della rete venga compromessa. Un’altra sua peculiarità è l’immutabilità: ciò significa che niente può essere modificato o alterato e nessun partecipante, coinvolto nella catena, può manomettere una transazione, una volta che sia stata registrata nel libro mastro condiviso. Se un registro di transazione contiene un errore, è necessario aggiungerne una nuova per annullarlo, ed entrambe le transazioni sono visibili alla rete. Infine, il consenso, vale a dire che, all’interno della blockchain, viene stabilito un sistema regolato di approvazione da parte dei diversi stakeholder per la registrazione di tutte le operazioni. Quindi, sarà possibile registrare nuove transazioni solo quando la maggioranza dei partecipanti alla rete dà il proprio consenso.

La componente chiave della blockchain è il libro mastro distribuito, ovvero il database condiviso nella rete che archivia le transazioni; alla base c’è la stessa logica della condivisione dei file: solo chi ha diritti di editing può modificare o eliminare un file. Va tenuto presente, altresì, che le tecnologie a libro mastro distribuito hanno delle regole estremamente severe in relazione a chi può eseguire le modifiche e in quale modo; inoltre, non è possibile eliminare le modifiche una volta registrate. Altro elemento fondamentale di tale architettura sono i contratti smart, costituiti da un insieme di regole, che permettono di gestire in autonomia i contratti aziendali, senza la necessità di una terza parte: si tratta di programmi archiviati nel sistema blockchain, che vengono eseguiti automaticamente nel momento in cui le condizioni, prestabilite a monte, vengono soddisfatte; per esempio, una società di logistica può avere un contratto smart che effettua il pagamento in automatico, solo dopo che la merce è arrivata a destinazione. Un’altra caratteristica peculiare della blockchain è la crittografia delle chiavi, che garantisce l’assoluta sicurezza per identificare in modo univoco i partecipanti alla rete. Questo meccanismo genera due serie di chiavi per i membri della rete: una chiave pubblica, comune a tutti, e una privata diversa per ogni componente. Le chiavi private e pubbliche funzionano insieme e in modo combinato per sbloccare i dati nel libro mastro.
Il funzionamento della blockchain avviene attraverso una serie di passaggi automatizzati, primo dei quali è la registrazione della transazione, che consiste nel tracciamento del movimento di risorse fisiche o digitali da una parte all’altra nella rete. Viene, dunque, creato un blocco di informazioni relativamente a chi è coinvolto nella transazione, quando, dove, come e perché essa è avvenuta. La fase successiva è rappresentata dal consenso, per il quale è necessario che i vari partecipanti siano d’accordo sulla validità della transazione registrata; in base al tipo di rete, le norme di approvazione possono variare, ma di solito sono stabilite all’inizio. Quindi, una volta che i partecipanti hanno raggiunto tale consenso, si passa al collegamento dei blocchi, dal momento che le transazioni sono scritte, per l’appunto, in blocchi paragonabili alle pagine di un libro mastro; a ognuno di essi viene aggiunto un hash crittografico (una sorta di marcatore), che serve da ‘gancio’ tra i blocchi stessi. Se i contenuti del blocco vengono modificati intenzionalmente o meno, il valore dell’hash cambia, dando modo di rilevare un’eventuale manomissione dei dati: i blocchi e le catene si collegano così in modo sicuro e non è possibile modificarli; ovviamente ogni blocco aggiuntivo consolida quello precedente, garantendo in tal modo l’integrità dell’intera blockchain. A questo punto si arriva alla fase finale, in cui viene condiviso il libro mastro: praticamente il sistema distribuisce l’ultima versione del libro mastro centrale a tutti i partecipanti.

Quali sono le possibili aree di applicazione

La blockchain è una tecnologia emergente che può essere adottata in modo innovativo in svariati settori. Prima di tutto, come si è detto, in ambito finanziario, come nel caso di banche e borsa, dove viene impiegata per gestire pagamenti online, conti, azioni e trading sul mercato, rendendo i sistemi interbancari più efficienti e sicuri. Infatti, grazie all’adozione della blockchain è possibile risolvere molteplici difficoltà, tra cui l’elaborazione in batch e la riconciliazione manuale di migliaia di transazioni finanziarie. Un’altra area di utilizzo, estremamente attuale, è quella energetica, in particolare nel contesto delle comunità energetiche, le quali utilizzano questa tecnologia per creare piattaforme di commercio di energia rinnovabile tra utenti. In pratica, i proprietari di abitazioni con pannelli solari si possono servire di piattaforme basate su blockchain, per vendere ai vicini la propria energia solare in eccesso. Il processo è in gran parte automatizzato, in quanto dei contatori smart creano le transazioni e la blockchain le registra in automatico. Ancora, la blockchain può trovare una valida applicazione nell’ambito del commercio retail. Infatti, le società che esercitano vendita al dettaglio possono utilizzarla per tracciare i movimenti delle merci tra fornitori e acquirenti. Per esempio, recentemente proprio Amazon Retail ha depositato un brevetto per un sistema a modello libro mastro distribuito basato su architettura blockchain, il quale potrà verificare che tutti i prodotti venduti sulla piattaforma siano originali. I venditori Amazon possono, così, mappare la propria catena di fornitura globale permettendo ai diversi stakeholder, quali produttori, corrieri, distributori e utenti finali, di aggiungere eventi al libro mastro, dopo essersi registrati con un’autorità di certificazione. Anche nel campo dell’entertainment e cultura la blockchain può essere implementata efficacemente per gestire, per esempio, i dati dei copyright, la cui verifica è essenziale per il giusto compenso degli artisti/autori.  Per questo, infatti, sono necessarie numerose transazioni al fine di registrare la vendita o il trasferimento del contenuto dei diritti d’autore. E oggi già diverse aziende di questo settore stanno utilizzando con successo tale tecnologia, per aumentare la produttività e ridurre i costi nell’elaborazione del copyright. Spostandoci, poi, in un contesto aziendale e organizzativo, la blockchain consente un’agilità operativa e un’accelerazione dei processi offrendo potenzialità, ad oggi, ancora abbastanza inesplorate. Essa, infatti, permette di ottimizzare i flussi di lavoro in cui sono coinvolte le diverse parti che, all’interno della catena del valore, gestiscono dati, informazione e transazione, in totale sicurezza grazie alla tokenizzazione degli asset. Il token diventa, di fatto, “un’unità di valore che un’azienda crea per gestire il suo modello di business e permettere agli utenti di interagire con i suoi prodotti, mentre agevola la distribuzione e la condivisione dei vantaggi e dei benefici tra tutti i suoi stakeholder” (cit.  dal libro “The business blockchain” di William Mougayar).

articolo pubblicato su NewsImpresa marzo 2023

FONTI
blockchain4innovation.it
theblockchainmanagementschool.it
agendadigitale.eu
The business blockchain di William Mougayar, ed. John Wiley & Sons
Html.it Magazine