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mercoledì 25 maggio 2022

LA METODOLOGIA DI VALUTAZIONE 3P

BUSINESS E STRATEGIA


di Maria Lanzetta

Che il capitale umano rappresenti il cuore pulsante di un’organizzazione è un concetto che dovrebbe essere, ormai, ben acquisito da parte di chiunque gestisca delle persone. Alla luce di questo, diventa fondamentale l’adozione di un sistema di valutazione preciso e oggettivo, che tenga conto del profilo professionale più adeguato a un collaboratore, dei risultati che questo produce e, infine, delle potenzialità della risorsa e delle sue possibilità di crescita in prospettiva

Le aziende sono fatte di persone che, con le loro peculiarità e potenzialità, costituiscono il DNA di un contesto lavorativo e ne determinano i tratti distintivi. Per questa ragione, in un’organizzazione le risorse umane rappresentano il bene più prezioso da coltivare, far germogliare, crescere, correggere, curare e potenziare. A questo scopo il management deve, necessariamente, dotarsi di tutti gli strumenti e le competenze che permettano di valorizzare al massimo questa preziosa risorsa: il capitale umano.
Empatia, motivazione e feedback sono degli aspetti indispensabili nella gestione del personale, perché permettono di stabilire un rapporto leale e trasparente tra un collaboratore e il suo manager, in cui il primo assumerà il proprio impegno in relazione agli obiettivi suoi e quelli aziendali, mentre il secondo avrà il compito di guidarlo, verificarne il work-in-progress, intervenire su eventuali azioni correttive, fornire un feedback periodico e poi valutare la persona nella sua completezza, tenendo in considerazioni una serie di parametri.

La teoria delle 3P
Si è spesso sentito parlare del sistema di valutazione delle 3P, il quale utilizza  tre fattori fondamentali nel tracciare il profilo di un collaboratore, ovvero posizione, prestazione e potenziale. Una metodologia, testata e consolidata negli anni, che ha l’obiettivo di valorizzare e migliorare la qualità del lavoro delle persone e lo stesso clima aziendale. Le tre “P” vengono analizzate e valutate sulla base del ruolo ricoperto e delle relative mansioni, dei risultati raggiunti e delle modalità con cui siano stati condivisi e perseguiti gli obiettivi assegnati, per arrivare fino all’individuazione di eventuali aree di debolezza o, al contrario, di potenzialità su cui investire per far crescere la risorsa, generando un più alto livello di motivazione di quest’ultima e maggiori benefici per l’azienda. Questo metodo di valutazione è, ancora oggi,  una dei più diffusi in ambito HR e rappresenta un approccio estremamente efficace, per focalizzare l’attenzione su strumenti strategici che favoriscano l’interazione tra l’organizzazione aziendale e le persone.
E’ fuori dubbio che una corretta, lucida ed equilibrata valutazione delle proprie persone rappresenti per un’impresa uno strumento estremamente efficace, dal momento che,  oltre a fornire le informazioni necessarie alla pianificazione e alla successiva interpretazione dei risultati, permette di individuare e comprendere al meglio quali siano tutti i mezzi e le risorse a disposizione, al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati.
Dunque, partiamo dalla valutazione della posizione: ogni azienda, tendenzialmente, si identifica in un organigramma, all’interno del quale vengono individuate delle funzioni con una job description che sintetizza il ruolo che quella posizione rappresenta. I manager e i responsabili delle risorse umane dovranno identificare e tracciare quali siano le caratteristiche da possedere per svolgere quella determinata funzione. Sulla base di queste coordinate, si procederà a individuare il candidato che meglio risponda a tale profilo, probabilmente si cercherà prima all’interno dell’azienda e, se non disponibile, ci si orienterà verso una selezione esterna. E’ fondamentale che, nel decidere se una persona sia adatta a quel ruolo, si tengano in considerazione sia gli hard skills, ovvero percorso e grado di istruzione, esperienze pregresse, competenze, abilità e conoscenze, sia soft skills quali capacità di comunicazione, leadership, etica del lavoro, inclinazione a lavorare in team, capacità di adattamento, etc. Queste ultime, vedremo, hanno un ruolo fondamentale poi nell’individuazione del potenziale.
Una volta individuato il profilo più adatto per quella posizione e definiti obiettivi, aspettative e risultati attesi, si passerà, in una fase successiva, alla valutazione delle prestazioni. A tale riguardo, è importante che il manager o il supervisore effettui un monitoraggio costante delle attività in corso di esecuzione, pianifichi dei confronti periodici, fornisca dei feedback chiari e inequivocabili e suggerisca, se serve, delle azioni correttive o modifiche in corso d’opera. Inoltre, la valutazione sulle performance deve tener conto del raggiungimento degli obiettivi sia i termini quantitativi sia qualitativi, delle modalità operative, dell’atteggiamento e delle inclinazioni del collaboratore – con pregi e difetti -, tutti elementi utili per delinearne le potenzialità future.
E arriviamo così alla terza “P”, ovvero il potenziale, la valutazione del quale può rappresentare per un’organizzazione lungimirante, un asset davvero strategico. Essa, infatti consente, un’analisi delle potenzialità di un collaboratore emerse e non ancora completamente espresse, ma su cui l’azienda può ritenere opportuno e conveniente investire. Si tratta, quindi, di  una valutazione rivolta al futuro, in base alla quale viene ipotizzato un piano di crescita e di sviluppo professionale all’interno dell’organizzazione, cercando di prevedere, in prospettiva, il contributo che una risorsa potrebbe fornire. Questo approccio, inoltre, consente al collaboratore di vedere davanti a sé un percorso di carriera che lo motivi e lo fidelizzi all’azienda, abbassando il turn over che, quando è troppo alto, può rappresentare per l’impresa un grave danno sia in termini economici, sia di immagine.

Le 3P in era Covid e post Covid
Ora, la domanda che in questi ultimi due anni, molti HR Manager si sono posti è se abbia ancora senso applicare una metodologia basata sulle tre “P” in epoca pandemica e post pandemica, vale a dire in uno contesto lavorativo nel quale ruoli, mansioni, tempi, orari sono cambiati e si sono mescolati con un insieme di attività che riguardano anche la sfera privata del dipendente. La risposta, dal nostro punto di vista, è  assolutamente sì, perché ancor più in una situazione di lavoro flessibile, in ambienti diversificati, - dal canonico ufficio, alla casa di residenza, alla casa di villeggiatura, a spazi di co-working condivisi, quali parchi, internet caffè, etc. -, è fondamentale fare leva sul livello di engagement, sul senso di responsabilità e sulla capacità di autonomia di un collaboratore. Quest’ultimo, pertanto, dovrà inevitabilmente concentrarsi su un lavoro per obiettivi maggiormente focalizzato che, non essendo applicata una modalità di controllo tradizionale, verrà ancor più valutato in base alla posizione che il lavoratore ricopre, ai risultati quantitativi e qualitativi che ha portato e alle potenzialità progressivamente emerse.

Articolo pubblicato su NewsImpresa


martedì 3 maggio 2022

VIAGGIO VERSO UL FUTURO CON IL 6G

TECNOLOGIA

di Maria Lanzetta

Mentre la rete 5G è ancora in fase di implementazione e, a tutt’oggi, non è fruibile a livello globale, si sta già parlando del 6G, la tecnologia mobile di sesta generazione che dovrebbe rappresentare un consolidamento e un’evoluzione di quella precedente, ma soprattutto una rivoluzione epocale nelle telecomunicazioni

La tecnologia 6G è quasi pronta, nonostante il 5G, per quanto in fase avanzata, non sia ancora disponibile in tutti i Paesi. Ma questo non impedisce di guardare avanti e di porsi l’obiettivo del 2030, come data in cui la rete 6G stravolgerà – si auspica solo in bene – il nostro modo di lavorare, di interagire, insomma di vivere. I più grandi operatori nel settore delle telecomunicazioni, quali Apple, Samsung, LG Elettronics, Ericson, hanno già messo a lavoro i loro reparti di R&D in questa direzione e, addirittura, si parla della realizzazione di prime sperimentazioni andate a buon fine. In effetti, stando a quanto riportato da alcuni studi,  recentemente sono stati eseguiti con successo dei test per la trasmissione e la ricezione di dati wireless 6G terahertz su 100 metri in ambiente esterno: questo significherebbe che sono già state programmate alcune linee per un primo sviluppo nel 2028, per passare alla commercializzazione definitiva  del 6G nel 2030.

Dal 5G al 6G
Tuttavia, per comprendere bene quali saranno gli aspetti rivoluzionari del 6G, bisogna prima aver ben chiare le caratteristiche principali del 5G che già sta segnando una svolta importante nell’ambito della mobilità di rete, quali  larghezza di banda, bassissima latenza con relativi tempi di risposta più veloci, maggior numero di dispositivi connessi a una sola antenna e gestione più efficiente del traffico generato da una crescente quantità di dati, in definitiva, una migliore reattività e stabilità della rete.
Il 6G, in realtà, non  sarà semplicemente una fisiologica evoluzione delle prestazioni assicurate dal 5G, garantendone un robusto consolidamento, ma dovrebbe abilitare lo sviluppo di applicazioni sempre più sofisticate, attraverso le quali i molteplici device, diventati di uso comune, saranno in grado di comunicare tra loro e interagire con noi istantaneamente, in mobilità e in qualsiasi contesto, dalle attività lavorative, allo svolgimento di funzioni quotidiane, alla sfera sanitaria o burocratica/amministrativa. Il 6G utilizzerà onde ad alta frequenza (THF), note anche come onde sub-millimetriche, per raggiungere velocità 100 volte superiori al 5G che, in confronto, utilizza onde millimetriche (mmWave). Si prevede, infatti, che con il 6G, il nuovo standard di velocità nella trasmissione dati dovrebbe raggiungere 1 Tbps, mentre i tempi di latenza, ovvero il lasso di tempo tra il momento in cui un segnale viene inviato e il momento in cui è disponibile l’effetto che tale invio genera nel sistema, si ridurrebbero a 0,1 millisecondi (4ms nel 5G), con una migliore efficienza energetica e precisione nella localizzazione di oggetti e persone in movimento sul territorio, attraverso una connettività in tempo reale.
Si suppone che nel prossimo decennio, il 6G segnerà una nuova era in cui innumerevoli cose, esseri umani, veicoli, robot e droni, interconnessi fra loro, produrranno in modo continuo zettabyte di informazioni digitali, le quali rappresenteranno l’essenza del nostro vivere quotidiano. Il futuro standard di rete, dunque, si spingerà ben oltre i vantaggi previsti dal 5G che, allo stato attuale delle cose, non sono ancora del tutto fruibili, e aprirà la strada a nuove applicazioni, potenziando quelle configurate dalla quinta generazione.

Il mondo reale e quello virtuale interconnessi e complementari
Quanto detto finora porta a supporre che gli anni 2030 potrebbero segnare l’inizio dell’era robotica a 360 gradi, un’epoca in cui la nostra esistenza sarà scandita da un utilizzo di sistemi robotizzati in qualsiasi ambito: una realtà in cui si fondono, senza soluzione di continuità, mondo fisico e mondo digitale, e dove l’interazione tra uomo, computer e ambiente sarà del tutto naturale e istantaneo.
Attenzione, non si tratta di un universo fantascientifico, nel quale l’uomo perde la sua centralità, ma di tecnologie, gestite e controllate dall’essere umano, che possono contribuire concretamente a migliorare la qualità della nostra vita. Per esempio, pensiamo  a un intervento chirurgico che si svolge da remoto: in questo caso è fondamentale che gli impulsi inviati dal chirurgo siano eseguiti istantaneamente sul campo operatorio, un ritardo di pochi millisecondi, infatti, potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte del paziente. Ancora, se consideriamo un’auto a guida autonoma, è fin troppo evidente di come la velocità di connessione abbia un ruolo nevralgico nel acquisizione della posizione, nel rilevamento delle altre auto in circolazione, nell’intercettazione di un ostacolo o di un semaforo, etc., questo per poter garantire innanzitutto una guida in totale sicurezza, ma anche per far sì che la circolazione si svolga in modo regolare, senza creare intralci. L’impercettibilità della latenza, auspicata nel 6G, avrà inoltre macroscopici vantaggi nel campo industriale, dove sistemi robotici e macchinari controllati a distanza,  grazie a una costante interazione uomo-macchina, consentiranno di ottimizzare i tempi di produzione, di intervenire tempestivamente da remoto su eventuali problematiche e di operare con un minore margine di errore, migliorando l’efficienza e determinando un risparmio energetico a beneficio della nostra salute.
Questa nuova realtà sarà il risultato degli enormi passi avanti fatti nell’ambito di tecnologie legate all’intelligenza artificiale, alla visione artificiale, a una sempre più sofistica elaborazione grafica, a tecnologie di visualizzazione e immersivisità, che oltre alla realtà virtuale e aumentata,  comprenderanno sistemi olografici, multisensoriali e di comunicazione tattile. Saranno, dunque, sviluppate applicazioni in grado di fornire un’esperienza virtuale e immersiva attraverso la presenza olografica remota,  e questo non solo per l’intrattenimento e le teleconferenze, ma anche per la telechirurgia, la didattica, la formazione sul campo, interventi di assistenza in loco e molto altro. 

Nuovi paradigmi con il 6G per le aziende
La sesta generazione di reti wireless determinerà, evidentemente, nuovi modelli di business che potranno offrire sempre più servizi “net-centrici”, basati, dunque, su piattaforme di Intelligenza Artificiale, Machine Learning, Big Data e Blockchain. Questo porterà progressivamente nella direzione della servitizzazione, che sfrutterà la massima efficienza della rete per disporre di applicazioni in grado di coprire e supportare tutti i processi aziendali, dalla gestione delle risorse umane, alle relazioni con i clienti, all’organizzazione di un’impresa, nonché allo sviluppo dei prodotti, alla produzione, alla gestione dei magazzini e della supply-chain e a tutti i servizi di after-sales, in modo efficiente e ottimizzato. Gli ologrammi e la telepresenza permetteranno di intervenire tempestivamente su criticità, di realizzare trasferte virtuali e partecipare a meeting di lavoro senza le implicazioni legate a un viaggio; il tutto con grandi vantaggi in termini economici e di sostenibilità. E riguardo a quest’ultimo aspetto va evidenziato, infatti, che la tecnologia 6G è concepita in un ottica di consumo energetico contenuto, di basso impatto ambientale e di decarbonizzazione,  attraverso una produzione ottimizzata di energia (da fonti rinnovabili), una riduzione di manufatti, quindi di materia destinata allo smaltimento, e a una diminuzione di emissioni CO2 derivanti dal funzionamento di impianti, dagli spostamenti, da trasporto e movimentazione in generale. Si prevede che il consumo di energia sarà ridotto di mille volte rispetto ad oggi.

Il futuro è dietro l’angolo
Praticamente, secondo una visione futuristica e futuribile in tempi più o meno brevi, il 6G potrebbe diventare una tecnologia talmente pervasiva, da modificare completamente le nostre abitudini  in un contesto dove mondo reale e mondo digitale si fondono in un unico ecosistema integrato.  Qualsiasi elemento della nostra vita sarà connesso e interagirà con un sistema digitale, ogni oggetto della nostra quotidianità disporrà di una corrispondente identità nel mondo virtuale, si interconnetterà con altri smart objects con cui raccogliere, scambiare ed elaborare informazioni. Si verificherà una vera e propria democratizzazione del digitale, un’iperconnettività alla portata di tutti che determinerà una cyber-convergenza del mondo fisico, digitale e personale in una Realtà Estesa. (Extended Reality – XR).
Se oggi stiamo vivendo l’Internet of Things, la sesta generazione di tecnologia mobile ci porterà all’Internet of Senses, termine coniato dalla Ericson già da un paio di anni,  in base a cui si suppone che, attraverso questa connettività estremamente sofisticata e superveloce, si potrà  far interagire  tutti i nostri cinque sensi con i diversi dispositivi tecnologici, quindi non solo udito, vista e  tatto (esperienza possibile attraverso le varie forme di immersività) ma anche gusto e olfatto, grazie a una digitalizzazione capace addirittura di emulare odori e sapori, passando attraverso l’elaborazione dei nostri dati più personali, legati dunque alla nostra fisicità e alle nostre percezioni.
Stiamo parlando di un totale stravolgimento dell’esistenza umana calata in una realtà completamente immersiva e multisensoriale, che coinvolgerà ambienti terrestri, aerei, marittimi e addirittura spaziali. Tutto questo, secondo le previsioni, entro il 2030, cioè soltanto fra otto anni; pertanto, ispirandoci a una citazione dell’economista Peter Drucker, ovvero “il modo migliore per predire il futuro è crearlo”, possiamo affermare che la nuova era 6G è, di fatto, già in costruzione.

Articolo pubblicato su MindUp Magazine aprile 2022