"libero pensiero e libera espressione, senza pregiudizi e senza schieramenti"

venerdì 28 maggio 2021

LA FORMAZIONE COME ABILITATORE DEL BUSINESS

BUSINESS E STRATEGIA


di Maria Lanzetta

Pensare che la formazione faccia parte di un periodo specifico e circoscritto della nostra vita e del nostro percorso professionale è opinione molto diffusa più di quanto si pensi, cosa che inevitabilmente porta a un atteggiamento rinunciatario verso qualsiasi tipo di sfida. In realtà è uno degli strumenti più potente per diventare e rimanere leader.

Formarsi e far crescere costantemente le nostre competenze e conoscenze è un percorso che ci deve accompagnare finché siamo in vita. Di fatto, è l’unico modo per sopravvivere in un mondo in continua evoluzione, in un contesto socio-economico in costante trasformazione.

Entrando più nello specifico del mondo del lavoro, la formazione deve rappresentare un diritto e un dovere da parte di qualsiasi individuo: che sia un impiegato, manager o dirigente di un’azienda, un libero professionista o un operaio; la formazione costante e progressiva rappresenta uno strumento prezioso per avere successo, ottenere la massima efficienza e generare business.

Per un’azienda la formazione delle proprie risorse è uno dei migliori investimenti che, se fatto con criterio, garantisce un enorme ritorno e contribuisce a una straordinaria crescita del proprio valore.

L’apprendimento continuo è fondamentale per la performance, la motivazione, l’entusiasmo e l’impegno dei propri collaboratori e se, in modo miope, si relega la formazione a quelle attività non necessarie, non urgenti e non indispensabili, si rischia di trovarsi delle persone poco motivate, prive di iniziativa e di creatività, incapaci di essere quella forza propulsiva di cui necessita un’azienda, per essere competitiva e avere una posizione di leadership nel proprio mercato di riferimento.

Come rendere efficace un percorso formativo

Tuttavia la formazione va organizzata in modo strutturato e non può essere lasciata né all’iniziativa dei singoli, né erogata in modo indiscriminato senza aver chiare le modalità e gli obiettivi di crescita, soprattutto va programmata in considerazione degli skill di ciascun collaboratore, della funzione che questo ricopre e dell’ambito in cui opera. Pertanto, affinché la formazione aziendale sia efficace e raggiunga gli obiettivi prefissati, è essenziale studiare una strategia ad hoc e, soprattutto, deve poter evidenziare i primi risultati nel breve e medio termine.

Si deve necessariamente partire dall’analisi dei punti forza e di debolezza dell’azienda e degli obiettivi che essa vuole e deve raggiungere;  si analizzano gli hard skill dei singoli individui, quindi le loro competenze e le expertise, così come i soft skill, ovvero le attitudine e le potenzialità, andando a definire le aree sui cui intervenire, le capacità e le competenze da migliorare: alla luce di questo,  si stabiliscono i diversi percorsi formativi.

In quest’ottica è fondamentale saper individuare l’ente o la società di consulenza e formazione, capace di affiancare e accompagnare l’azienda in questo percorso di crescita e sviluppo, che abbia le sue peculiarità e una metodologia ben strutturata applicabile in modo appropriato, a seconda se si opterà per formazione in aula, on-line o sul campo (FSC).

La formazione in aula indubbiamente offre l’opportunità di avere un confronto diretto con il docente e con il resto del gruppo, ma è fondamentale che la modalità frontale sia quanto più stimolante e interattiva, utilizzando strumenti quali “gioco di ruoli”, analisi di casi concreti, simulazioni aziendali, attività in piccoli gruppi all’interno di workshop o masterclass.

La formazione on-line, di cui oggi date le circostanze se ne è fatto tantissimo uso – e lasciatemi dire anche abuso -, offre indubbiamente il grande vantaggio di essere più fruibile, laddove si presentino una serie di problematiche legate alla logistica, per es. distanza e difficoltà ad allontanarsi dal luogo di lavoro, ovviamente con un grande risparmio di tempo e contenimento costi. Indubbiamente presenta il limite di creare meno empatia sia tra il docente e gli allievi, sia tra gli allievi stessi.

La formazione sul campo (FSC)  rappresenta una fase imprescindibile in un iter formativo: passando attraverso un percorso esperienziale e pragmatico, è possibile “testare” sin da subito le proprie capacità e le proprie attitudini, individuando con l’aiuto del docente le aree di miglioramento sia su stessi, sia nell’ambito aziendale in cui il singolo individuo opera.

Quanto è importante il ruolo del docente?

In tutto ciò il ruolo del docente è fondamentale e fa la differenza. Innanzitutto è indispensabile  che questo abbia tutte le competenze e la preparazione per svolgere questa funzione – non ci si improvvisa insegnante – e che oltre a conoscere le diverse metodologie didattiche che deciderà di adottare, abbia quella capacità “maieutica” – rifacendoci alla teoria di Socrate – in grado di far venire fuori tutto il potenziale, spesso inespresso o rimasto in fase embrionale che un individuo ha dentro, attraverso un dialogo e confronto con l’allievo e un ascolto attento.  Questo si coniuga con il grande valore aggiunto di un docente che abbia una lunga esperienza di management e di organizzazione aziendale che sia in grado di trasferire alla classe, un proprio vissuto da condividere e anche una capacità empatica di entrare nel mood dell’azienda e di cogliere la spinta motivazionale degli allievi. Pertanto il docente, a seconda della fase del percorso formativo, deve poter svolgere sia il ruolo di formatore, facendo leva sulle proprie competenze e trasferendo il proprio know-how, sia di coach, affiancando gli allievi nella formazione pratica e sul campo, cercando di coglierne i soft skill, aiutandoli a potenziare le proprie attitudini, migliorare la propria autostima e soprattutto tirare fuori i talenti di ciascuno.

pubblicato anche in collaborazione con Massimo Fucci su:
https://newsimpresa.it/mindup/2021/05/la-formazione-come-abilitatore-del-business/

venerdì 7 maggio 2021

GIORNATA MODIALE DELLA PASSWORD: COME PROTEGGERCI NELL’ERA DEI BIG DATA

NOVITA'

di Maria Lanzetta

Il 6 maggio è stata celebrata la giornata mondiale della password. Un’idea abbastanza singolare lanciata da Intel nel 2013 e che viene collocata solitamente il primo giovedì di maggio. La ragione che ha dato vita a questa iniziativa, nasce dalla constatazione che molti di noi non hanno ancora raggiunto la consapevolezza, che la password rappresenti per la nostra vita molto di più di una serratura di una porta blindata. In realtà essa  è diventata lo strumento indispensabile per salvaguardare i nostri beni materiali e immateriali. Pertanto non avere una password sicura equivale ad avere una porta di ingresso che si apre con uno spintone, con la differenza che il furto che ne può derivare non si limita ai gioielli o ai contanti presenti in casa in quel momento, ma può trasformarsi in una sottrazione totale del proprio capitale, sia in termini economici sia in termini di proprietà intellettuale, oltre a essere una pesante violazione dei tuoi spazi privati, anche emotivi.

La realtà è che il grande mondo del web, del cloud e dell’intelligenza artificiale ci rende ogni giorno sempre più vulnerabili, perché ad esso affidiamo i nostri dati, le nostre informazioni, i nostri bisogni, le nostre passioni ed emozioni, esponendo potenzialmente le nostre ricchezze e talenti, ma anche le fragilità e i nostri “talloni di Achille”.

Allora ci rendiamo conto che le nostre vite sono in mano a una sequenza di elementi alfanumerici, la cui combinazione fra loro quanto più  è bizzarra e improbabile, tanto più ci metterà al sicuro!

Per molti di noi – io sono fra questi - le password sono un vero e proprio incubo, perché le dimentichiamo oppure le scriviamo e ci dimentichiamo dove le abbiamo scritte, le confondiamo, le risettiamo, le ricreiamo e spesso esasperati finiamo per ricorrere a parole banali e intuibili, o a utilizzare la stessa password per tutti gli accessi. Ma se ci pensiamo, nella vita quotidiana, quante chiavi abbiamo? Tante, ovviamente tutte diverse fra loro e, a seconda della funzione che svolgono, sono fatte in maniera più o meno complessa: la chiave del lucchetto della bici di seconda mano non sarà certo come quella della porta blindata del proprio appartamento!

Allora l’utilizzo della password e il relativo livello di sicurezza, che andremo a applicare, deve seguire la stessa logica che adottiamo per le chiavi “fisiche” … in fondo sì, ci può capitare di perdere delle chiavi, ma non succede spesso dal momento che ci mettiamo la dovuta attenzione, e quando succede corriamo subito a cambiare serratura.

Visto che abbiamo scelto – più o meno liberamente -  di vivere in un mondo interconnesso, il nostro atteggiamento verso la password dovrà essere, di conseguenza, lo stesso che abbiamo sempre avuto verso il “fatidico” mazzo di chiavi.

Buona Password a tutti!